L’incontro tra Sammartino e il capomafia del clan Laudani «Mi ha baciato e poi ha detto: “Non ti preoccupare è fatta”»

«Non ti preoccupare è fatta, come se già fosse fatto», parola di Luca Sammartino. È quanto avrebbe detto l’esponente di Italia Viva, a pochi giorni dalle elezioni del 5 novembre del 2017, durante un incontro al cospetto del capomafia Girolamo Lucio Brancato. Esponente di spicco della cosca mafiosa dei Laudani, scarcerato nel 2010 dopo pesanti condanne per mafia ed estorsione. Il racconto di quel faccia a faccia, avvenuto a Massanunziata (frazione di Mascalucia) è contenuto in un’intercettazione ambientale dell’inchiesta Report. Indagine in cui il politico, poi eletto con il record di 32mila preferenze, è accusato di corruzione elettorale. Per Brancato, che da ieri è tornato in carcere perché sottoposto a custodia cautelare, le accuse sono di associazione mafiosa e porto abusivo di armi da fuoco.

Secondo i magistrati, il politico e il boss avrebbero stretto un patto elettorale. Da un lato i voti di Brancato e della sua famiglia e dall’altro la promessa di Sammartino di fare assumere per tre mesi il nipote del capomafia nella ditta dei rifiuti Mo.Se.Ma oltre a quella – a quanto pare prioritaria per il boss – di fare spostare una vecchia cabina telefonica. Un rudere che avrebbe creato non pochi problemi perché posizionato davanti all’ingresso di un bar che Brancato voleva aprire a pochi passi dalla pizzeria l’Annunziata, già gestita dalla moglie. Il faccia a faccia tra i due si sarebbe svolto il 28 ottobre 2017 nella terrazza della pizzeria. «Ero fuori con il vetraio (appellativo del capomafia Orazio Scuto, ndr) e passano due con il motorino e il casco, quello dietro mi alza il pollice e mi fa “Grazie, grazie. Ciao, ciao”, mi sono detto: “Ma chi spacchio è?”». Il misterioso uomo poco dopo avrebbe svelato la sua identità: «Dopo mezz’ora entra in pizzeria ed era lui – dice Brancato riferendosi a Sammartino – è salito di sopra e mi ha baciato, ha baciato a tutti, gli ha dato la mano a tutti e io onestamente mi sono sentito preso per il culo».

Poco dopo il colloquio però sarebbe diventato più riservato: «Poi mi fa: “Mi accompagni?”. Minchia mi sono alzato e l’ho accompagnato. Lui mi fa: “Mi raccomando Lucio” e io gli ho detto “Quello che posso fare non ti preoccupare ma io ti raccomando anche” e lui “Sì, sì, Salvo mi ha detto”». Nel dialogo intercettato all’indomani dell’incontro con il politico renziano è lo stesso Brancato a svelare di avere esplicitato chiaramente i propri desideri: sistemare il nipote e togliere la cabina del telefono. A elezioni concluse e con Sammartino recordman di preferenze, il boss dei Laudani si sarebbe mosso per cercare il deputato attraverso il suo collaboratore Salvatore Failla, ex assessore comunale a Pedara non indagato. «Poi ci vediamo in segreteria con la pace», prendeva tempo il secondo. «Ci dobbiamo sedere…poi! – replicava Brancato battendo i pugni sul tavolo – E poi gli dico io cosa voglio».

Il deputato e l’uomo dei Laudani si sarebbero effettivamente incontrati il 20 novembre 2017 nello studio odontoiatrico del politico, passata qualche settimana dalla tornata elettorale. A raccontare l’episodio è lo stesso Sammartino durante un colloquio, ricco di parti omissate, con il collaboratore: «Basta, basta questa me la sbrigo io», diceva. La promessa di spostare la cabina però sarebbe rimasta tale, scatenando i malumori di Brancato. «Più tardi chiamo Turi Failla, mi deve fare parlare con Luca perché mi deve fare levare quella spacchio di cabina per come mi ha detto lui», insisteva.

In realtà, secondo gli inquirenti, il politico si sarebbe effettivamente attivato per lo spostamento ma incaricando il collaboratore che, a sua volta, avrebbe chiamato in causa l’allora presidente del consiglio comunale di Mascalucia Alfio D’Urso. Così, tramite l’intermediazione di quest’ultimo, sul tavolo della Telecom sarebbe arrivata una richiesta ufficiale per lo spostamento del rudere. Brancato tuttavia decideva di superare le lentezze burocratiche e, come già raccontato da MeridioNews ieri, decideva di provvedere autonomamente facendo esplodere la cabina così da distruggerla completamente. «Gli ho messo una bomba. Minchia una. Tutto quanto si è spaccato», raccontava il boss al figlio Corrado durante un’intercettazione, rassicurandolo anche su possibili interventi per ripararla: «Ci vogliono troppi soldi. Perché sono scoppiati tutti i vetri». Effettivamente il rudere è stato eliminato e, nel 2018, la famiglia Brancato ha potuto inaugurare l’Ameliè lounge bar.


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