La protesta dei ristoratori contro le chiusure. Due i sit-in Presidente Fipe: «Sistema al collasso. Vogliamo lavorare»

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I ristoranti per noi sono luoghi sicuri. Basti pensare che nella provincia di Bolzano sono già aperti in sicurezza. L’economia totale del pubblico esercizio si è azzerata e in Sicilia nel 2020 abbiamo perso oltre due milioni di euro». A parlare è il presidente regionale della Fipe Confcommercio Dario Pistorio, stamane a Catania in testa a una manifestazione organizzata dai ristoratori e dagli operatori del settore per protestare contro la zona rossa e la chiusura di bar, ristoranti, pizzerie e pub.

Una cinquantina di esercenti, considerate le restrizioni anti-Covid 19, hanno partecipato all’appuntamento. Tutti muniti di mascherina e rispettando il distanziamento. In Sicilia sono
15mila gli esercizi pubblici associati alla Fipe Confcommercio, il 70 per cento dei quali ristoratori e bar. Secondo i dati, il 90 per cento ha sofferto la crisi dovuta alla pandemia perché non ha potuto esercitare la propria attività. Nel 2020 i bar hanno avuto un calo del 60 per cento, i ristoratori dell’85 per cento. In totale, nell’Isola vi sono stati due milioni 730 mila euro di perdite nel comparto

«Fa arrabbiare il fatto che le zone gialle, arancioni e rosse non funzionano – spiega lo chef e presidente di
Fipe Catania Giovanni Trimboli – C’è un’anarchia totale. La politica faccia il proprio ruolo mentre noi facciamo impresa nel modo migliore, rispettando le regole». Trimboli lamenta anche il fatto che il ristorante di palazzo dei Normanni – sede dell’Assemblea regionale siciliana – proprio oggi è aperto. Mentre i ristoratori protestano, all’Ars riferisce l’assessore alla Salute Ruggero Razza. La discussione, con gli interventi dei deputati, riprenderà nel pomeriggio. «Non vorrei che chi ci bacchetta possa permettersi tutto», conclude Trimboli. 

Contemporaneamente alla manifestazione di
Confcommercio è andata in scena la protesta della nuova sigla Ristoratori siciliani indipendenti, con al vertice l’imprenditore Roberto Tudisco. «Nasciamo perché siamo abbandonati e puniti da questo governo di incompetenti che ci ha ridotto alla fame – commenta – da un anno siamo sotto scacco di una dittatura che non ci permette di lavorare. Siamo stati lasciati soli anche dalle associazioni di categoria, le stesse che avrebbero dovuto tutelarci». 


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