Cocaina dalla Spagna passando per Napoli Sms d’amore per comunicare tra mafiosi

Associazione per delinquere finalizzata al traffico di cocaina tra Napoli e Catania passando dalla Spagna. È questa l’accusa per Antonio Aurichella, Domenico e Santo Querulo, Antonio Carbone, Saverio Rocco Lo Sasso, Federico Sepe, Gianpaolo Chianese, Errico Di Palma, Gaetano Bagnato, Giuseppe Bosco, Gennaro Daniele, Maurizio Feleppa, Concetto Anthony Gagliano, Parisi Antonio e Giuseppe Soriato, da oggi in carcere.

Per tre di questi, Antonio Aurichella e i fratelli Querulo, è prevista anche l’aggravante mafiosa, per aver agevolato l’attività del clan Cappello – Bonaccorsi. Giuseppe Bosco, poi,  figlio di un imprenditore catanese, e nella cui abitazione è stato trovato un chilo e 620 grammi di sostanza stupefacente e un totale di 42mila 965 euro, risulterebbe essere un finanziatore dell’operazione di traffico illecito, mentre due pregiudicati risultano ancora ricercati.

L’attività coordinata dalla Direzione investigativa antimafia di Catania ed effettuata dalle squadre mobili di Catania, Napoli, Caserta Modena e Perugia,  dal marzo 2009 al marzo 2010, e avviata a seguito delle dichiarazioni del pentito Vincenzo Fiorentino, e con la collaborazione di Gaetano D’Aquino, (pentito anche lui) analizza l‘attività di approvvigionamento e spaccio di sostanze stupefacenti prima e dopo l’operazione Revenge, grazie alla quale furono arrestati nel 2009, 49 persone appartenenti al clan Cappello – Bonaccorsi.

Si scopre dunque che la cocaina a Catania arriva da Napoli passando dalla Spagna, seppure i catanesi hanno provato a bypassare Napoli, senza riuscirci del tutto, per evitare di pagare i cartelli di camorra. I referenti locali sono prima Antonino Aurichella e successivamente al suo arresto (è già in carcere dal 2009), sarebbe stato sostituito dai fratelli Santo e Domenico Querulo, mentre Antonio Carbone era il referente per l’area napoletana. Il gruppo comunicava tramite sms elaborati perché risultassero normali messaggi d’amore tra una coppia. «Ciao amore come stai» era una delle frasi standard secondo gli investigatori. Questi però hanno riscontrato come tali messaggi, il cui contenuto era tutt’altro che amorevole, venivano scambiati tra persone delle stesso sesso, per stabilire movimenti e appuntamenti.

La tranquillità del gruppo si rompe quando nel giugno del 2009 al casello autostradale di San Gregorio di Catania, viene fermato il corriere Rocco Saverio Lo Sasso. Vengono trovati 30 chili di cocaina a bordo dell’autoarticolato che stava guidando e quattro pistole semiautomatiche calibro 7.65. Fu in questa circostanza che Aurichella e i napoletani Carbone e Sepe furono arrestati  in quanto gravemente indiziati per traffico di cocaina e porto illegale d’armi, in concorso con Lo Sasso. Questa operazione fu definita Bisonte, per questo, quella conclusasi con gli arresti di oggi, che segue lo stesso filone, è stata denominata Bisonte due.

Dopo l’arresto dei tre, il gruppo cerca di riorganizzarsi. Tramite intercettazioni si scopre che Gianpaolo Chianese su disposizione di Carbone, viene invitato nel capoluogo etneo per discutere del recupero di almeno parte del denaro concordato per la cocaina sequestrata e di un altro carico inviato appena 15 giorni prima. L’accordo prevede che il danno della perdita fosse equamente distribuito: 600mila euro avrebbero pagato i Cappello, l’altra parte i napoletani.

Nuove schede telefoniche vengono consegnate ai rappresentanti  delle due città «per comunicare a circuito chiuso in modo sicuro», spiegano gli investigatori. Passano alcuni mesi e a dicembre arriva un altro corriere da Napoli. Questa volta si tratta di Giuseppe Soriato e trasporta sei chili di polvere bianca nascosta in larga parte nella ruota di scorta dell’auto trovata parcheggiata sotto l’abitazione in cui era ospitato, nel quartiere di San Cristoforo. È una ulteriore prova per gli investigatori del traffico illecito proveniente da Napoli.


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