La storia di Jeffery, pugile-manutentore arrivato dalla Nigeria «È ancora in attesa di asilo ma la sua rinascita è già iniziata»

Quando non indossa il suo inseparabile cappellino colorato, ha una capigliatura che punta in alto. Con il suo sguardo attento e curioso, Jeffery è arrivato in Sicilia dalla Nigeria da minorenne e si è portato dietro la sua passione per la boxe. C’è anche lui tra i 24 giovani migranti accolti nell’immobile di via Eredia a Catania che, dopo essere scampato all’incuria e al degrado, è diventato un centro di accoglienza Sai (Sistema di accoglienza integrato). «Ha un fisico impostato e una forza incredibile – dice a MeridioNews Giuliana Ecora, la responsabile dei servizi immigrazione della cooperativa sociale Team che gestisce il centro insieme al consorzio Sol.co socio della fondazione Ebbene che ha preso in carica Jeffery Caratteristiche che hanno subito fatto emergere la sua propensione per lavori di tipo manuale che permettessero di valorizzare i suoi talenti».  

Dopo avere frequentato la scuola con costanza, Jeffery ha preso la licenza media. «Il suo italiano è ancora un po’ zoppicante ma questo – sottolinea Ecora – non gli ha impedito di instaurare, sin da subito, ottimi rapporti con i suoi colleghi di lavoro». Non ha ancora compiuto 20 anni eppure, dopo un tirocinio di sei mesi, Jeffery è stato assunto a lavorare per La Salute, cooperativa sociale socia della fondazione Ebbene che si occupa di edilizia, manutenzione, giardinaggio e pulizie. Jeffery, insomma, lavora per la stessa realtà che lo ospita. «Adesso si occupa di manutenzione e ristrutturazione – spiega il presidente di Ebbene Edoardo Barbarossa – Ogni giorno impara nuovi trucchi del mestiere con entusiasmo. In questi giorni, per esempio, sta dipingendo una inferriata». 

Arrivato con il sogno di diventare un grande pugile, Jeffery nel frattempo continua a coltivare la sua passione e pratica la boxe a livello agonistico. «Ogni giorno va ad allenarsi dopo il lavoro e riesce a conciliare perfettamente le due cose – afferma Ecora – Poi, durante il fine settimana fa anche gli incontri di boxe». In equilibrio tra la concretezza e il sogno, Jeffery sta costruendo il proprio progetto di vita. «È un lavoratore e uno sportivo instancabile – dice la responsabile – ha un carattere determinato e nelle cose va sempre fino in fondo». 

Anche nella volontà che gli venga riconosciuto il diritto di asilo. Da richiedente, Jeffery se l’è già visto negare una prima volta dalla commissione territoriale quando è arrivato. «Non gli è stato dato nessuno status e lui ha presentato ricorso – spiega Ecora – I tempi sono solitamente molto lunghi ma, adesso, una grande opportunità potrebbe arrivare proprio dal suo lavoro che è il segno tangibile del suo impegno nel processo di integrazione». Molti sono ancora i passi da fare ma la direzione sembra quella giusta. «In questo modo, l’inclusione è reale – afferma il presidente di Ebbene – e a beneficiarne sono anche le comunità che vengono arricchite da nuove energie e talenti. Per quanto riguarda Jeffery – conclude – la rinascita che gli avevamo augurato è iniziata». 


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