Voto di maturità come requisito di ammissione a Unict Studenti protestano: «Non è un criterio meritocratico»

«Un anno dopo… stesso criterio. Vergogna!». Le parole impresse a caratteri cubitali nello striscione posizionato davanti alle porte sbarrate del rettorato racchiudono il senso della manifestazione organizzata dagli studenti questa mattina in piazza Università. Circa sessanta manifestanti si sono riuniti per esprimere il proprio dissenso contro la previsione di confermare il voto di maturità come criterio di ammissione a Unict. Secondo la misura chi si diploma con il voto più alto ha diritto ad accedere ai corsi accademici, ma secondo la graduatoria e nei limiti dei posti disponibili. A titolo esemplificativo: se i posti disponibili sono cento e si presentano altrettanti centisti, chi si è diplomato con un voto che va da 99 in giù, rischia di rimanere escluso

Arcadia, We Love, Ares, Crediamoci, Nike, Giovani democratici e Azione universitaria hanno aderito alla manifestazione. Sinistra e destra, unite contro la gestione e l’organizzazione dei vertici Unict. Il requisito di ammissione è già stato sperimentato quest’anno, per scongiurare il rischio di assembramenti durante la pandemia, come soluzione alternativa ai test di ammissione. Misura accettata dagli studenti che, però, sembrano non essere più disposti a scendere a compromessi. «È possibile che in un anno l’università non sia stata capace di organizzarsi per procedere a sistemi di valutazione alternativi?», si chiede Damiano Licciardello del circolo Antonio Gramsci dei Giovani democratici. «Non è ammissibile – incalza Francesca Alessandro di Arcadia, associazione di punta del consigliere regionale all’Ars Luca Sammartino – che ci siano corsi di studio di serie A, a cui si permette di procedere con i test di valutazione, e corsi di studio di serie B, in cui la selezione avviene sulla base del voto di maturità». In sintesi, per gli studenti, «il criterio seguito da Unict non è oggettivo – prosegue Alessandro – Siamo qui oggi per una battaglia comune». 

Il criterio in questione è già stato sottoposto (e approvato a maggioranza) alla valutazione del senato accademico e del consiglio di amministrazione a fine marzo. I rappresentanti delle associazioni presenti alla manifestazione si sono astenuti perché «siamo in attesa che il rettore convochi un tavolo tecnico». L’unica rappresentanza studentesca a votare contraro al requisito di accesso, sebbene non presente alla manifestazione, è stata Alleanza universitaria. «Siamo stati i soli a esprimere il nostro dissenso nelle sedi opportune – sottolinea, al netto delle divergenze politiche, il presidente di Alleanza Francesco Ferlito a MeridioNews -, ma in piena emergenza la protesta in piazza non ci sembrava la scelta più consona». 

Di diversa opinione invece Giovanni Magni di Crediamoci Unict. «Siamo qui oggi e torneremo la prossima settimana – assicura Magni – fino a quando il rettore non organizzerà un tavolo tecnico, perché crediamo che dopo un anno l’ateneo, che propone di investire somme cospicue per procedere con le elezioni online, avrebbe dovuto imparare a fare fronte all’emergenza sanitaria». Una mancanza di volontà, dunque, per il presidente dell’associazione riferimento del deputato regionale Gaetano Galvagno. Assente, come Alleanza, anche l’associazione La Finestra presieduta da Angelo Crimi che, secondo rumors di palazzo, sarebbe politicamente vicina al rettore Priolo. Al di là degli scenari politici «un criterio così formulato non solo non permette l’accesso all’università secondo forme meritocratiche – prosegue Magni -, ma non garantisce il diritto allo studio».

Al di là dei cortocircuiti politici, tra chi si astiene in aula e protesta in piazza e, al contrario, chi si espone nelle sedi istituzionali ma diserta le manifestazioni, una cosa è certa: tra gli studenti e i vertici Unict non corre buon sangue


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