The flight of the butterfly, un corto racconta il bullismo Il regista: «Si deve parlare tanto di questa piaga»

Un cortometraggio d’animazione per contrastare il bullismo fra adolescenti attraverso lo sport. Si chiama The Flight of the Butterfly ed è il decimo film indipendente realizzato dal regista trentaquattrenne catanese Teodoro Francesco Liberto. «Credo che questa parabola di usare lo sport come mezzo per poter credere in se stessi sia nata dalla mia collaborazione con il Coni Catania e con la Federazione medicina sportiva, per cui ho lavorato come video maker – racconta Teodoro a MeridioNews. In quell’occasione ho avuto la possibilità di conoscere molte persone dell’ambiente e molti atleti che mi hanno raccontato, direttamente e indirettamente, le loro storie. Con alcuni ho stretto un rapporto di amicizia e raccontandomi il loro percorso di vita ho appreso che hanno cominciato a interessarsi allo sport come valvola di sfogo e per poter risolvere i loro problemi e crescere come persone e come essere umani. Per essere migliori con le persone che li circondavano».

«Lo sport a mio avviso potrebbe servire, e serve, per credere in se stessi – aggiunge – E questi atleti, cresciuti umanamente grazie all’attività sportiva e agonistica che ha consentito loro di raggiungere delle mete importanti, tra cui anche le Olimpiadi, ne sono la dimostrazione». Da loro prende spunto la protagonista di The Flight of the Butterfly, futura campionessa olimpica vessata dalle compagne di scuola, che riesce a trovare il coraggio di credere nelle sue capacità e nel futuro.

«Non c’è una persona in particolare che mi ha ispirato, tutti gli atleti che sono entrati nella storia, italiani o internazionali, hanno avuto un vissuto travagliato e complicato. Potrebbe essere chiunque, qualsiasi atleta o la persona della porta accanto che ha una difficoltà con i colleghi di lavoro o una minorenne che ha problemi con i compagni di scuola e trova nello sport uno sfogo in cui concentrare la propria mente». Liberto ha iscritto il suo cortometraggio d’animazione a diversi festival e non esclude la possibilità di organizzare delle proiezioni nelle scuole, per farlo circolare tra i più giovani. «In passato ho proposto un documentario dedicato alla figura dell’elefante nano, realizzato con la Catania Film Commission, ma ho trovato qualche difficoltà nel proporlo alle scuole».

Questa volta, però, è diverso. Perché il bullismo, come lo sport, è un argomento che deve essere affrontato. Specialmente tra i ragazzi. «Credo che si debba parlare del bullismo, è una piaga sociale, e i ragazzi che vessano i compagni di scuola non possono e non devono assolutamente vincere», afferma Teodoro, che ha realizzato la maggior parte dei suoi film in maniera indipendente. Alcuni hanno partecipato a festival di caratura internazionale e nel 2017 ha vinto un premio per un documentario di Scienze naturali.

«Attualmente sono in cerca di nuove collaborazioni con aziende televisive, cinematografiche e di streaming», sottolinea l’autore, che è approdato nel mondo del cinema in modo non convenzionale. Proviene da studi tecnici, è perito informatico e non ha seguito una scuola di cinema vera e propria. Per questo si considera un autodidatta. «Mi sono specializzato, attraverso dei corsi di formazione professionale, in tecniche audiovisive. Guardo molti film e ho letto tanti libri. Reputo fondamentale leggere e credo che tutti coloro che vogliono entrare in questo mondo devono leggere e studiare da cima a fondo, per poi applicare praticamente ciò che hanno imparato».

«Per fare il regista indipendente penso che bisogna essere un tantino incoscienti, perché non è detto che il lavoro che fai sarà apprezzato o potrà interessare a qualcuno. Lo fai perché senti qualcosa dentro, che sia vocazione o forza di volontà. La prima cosa da fare è imparare a raccontare delle storie, qualcosa che possa interessare al pubblico, arrivare al cuore delle persone. Non è necessario concentrarsi solo sull’estetica, che è sicuramente importante. Ma la storia lo è ancora di più, perché è ciò che alla fine rimane nella mente dello spettatore».

Per Teodoro Francesco Liberto un regista, per definirsi tale, deve spaziare con gli argomenti e saper sfruttare ciò che ha a disposizione. «Io uso la computer grafica per i miei lavori, perché mi piace e perché è l’unico strumento che ho a disposizione. Se avessi la disponibilità economica userei anche il live action. Ma cerco di utilizzare quello che ho nel miglior modo possibile. Ho imparato una lezione importante qualche anno fa. Non è importante la grandezza del mezzo o la sua potenza, ma l’abilità con cui lo si usa. Ho incontrato molte persone che non lavorano se non hanno strumenti o budget pazzeschi, ma non si può pretendere se non si ha acquisito l’esperienza necessaria».

Bisogna, insomma, saper usare bene quello che si ha a portata di mano. «Se si ha veramente la passione per l’audiovisivo, che sia cinema, televisione o streaming, è questo è il segreto. È la passione che deve portarti a raggiungere la meta. Altrimenti non si può pensare di arrivare, un giorno, a essere considerato un vero professionista». 


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