50 anni dalla partita di calcio Belpassese-Puntese L’intera città in festa per un sogno che si realizza

Era domenica, il 9 maggio del 1971, esattamente come il 9 maggio di quest’anno. Incredibile, sono passati cinquant’anni eppure sembra ieri. Tanto sono nitidi i ricordi di quel giorno. Un giorno che probabilmente sarebbe scivolato via senza infamia e senza lode, se non avesse avuto la ventura di ospitare un evento – una partita di calcio – che per molti avrebbe avuto un sapore particolare e assai difficile da dimenticare. Parlo di Belpassese-Puntese al San Gaetano di Belpasso, valevole per la penultima giornata del campionato di prima categoria siciliano, girone B. Può una semplice partita di calcio – per giunta, di un campionato decisamente minore, disputata su un polveroso campo di provincia, tra i gradoni costruiti dai cantieri dei disoccupati negli anni Cinquanta, con una fila di eucalyptus a fare da sfondo – avere un sapore tale da rendere difficile il dimenticarla? La risposta è sì, se si riesce ad andare oltre il 5-0 finale e si riflette sul significato di quella vittoria, da considerare non come mera esibizione di una presunta superiorità rispetto ad un’altrui inferiorità, ma come concretizzazione di un’eventualità, timidamente cullata, ma oggettivamente impossibile, almeno a prima vista. Un sogno, insomma! 

Non un sogno qualsiasi, ma, come dice il mio amico Luciano Mirone, «Un sogno in bianco-verde», con chiaro riferimento a quei colori affermatisi sin dal lontano 1964 – anno di fondazione del C.C. Consoli da cui la Pol.va Belpassese è diretta derivazione – come sinonimo di progettualità e come sinonimo di novità. Non solo per quanto riguarda gli obiettivi – visto che quel progetto non si proponeva di vincere (o, almeno, non si proponeva soltanto di vincere), ma come si offriva come opportunità di educazione e di formazione per tanti ragazzi che, escludendo i pochi che frequentavano gli scout e l’Azione cattolica, avrebbero avuto come alternativa solo e soltanto la strada – ma anche per quanto riguarda i criteri gestionali, basati sulla valorizzazione delle risorse locali e sul divieto assoluto di spese pazze, assai invoca altrove.

E quel giorno, domenica 9 maggio 1971, una squadra partita dagli Allievi (1964), dopo i trionfi nel trofeo delle province del 1968 (a Siracusa) e del 1969 (a Nicolosi) seguiti dalla vittoria del campionato di terza Categoria (1969-70), si giocava la possibilità di approdare nell’Élite del calcio siciliano conquistando, in caso di vittoria, il diritto a disputare nella Stagione 1971-72 il campionato di Promozione. Reduce dal pareggio di Bronte nella domenica precedente (1-1 con rete di Franco Cantone), ai bianco-verdi sarebbe bastata una vittoria tra le mura amiche per chiudere matematicamente il discorso promozione senza dovere aspettare la trasferta di Mascalucia all’ultima giornata. Ma c’era da vincerla, quella partita, e non era facile. Non solo per la qualità dell’avversario – che, per quanto non avesse più nulla da chiedere al campionato, rimaneva di assoluto rispetto e capacissimo di qualsiasi impresa –, ma per la tensione alimentata dall’importanza della posta in palio. Tensione ben palpabile nell’arco della settimana, durante la quale una regia sopraffina aveva fatto le cose per benino senza trascurare nulla: dal sostegno ai giocatori (più dal punto di vista psicologico che da quello tattico) alla preparazione dell’atmosfera dalla quale al momento opportuno sarebbe dovuta scaturire la festa.

Come dimenticare, allora, quel giorno? Dal prologo – con piacevole sfilata di ragazze in divisa bianco-verde nel rettangolo di gioco, lancio di garofani da parte dei giocatori al loro ingresso in campo, pioggia di volantini con su scritto “W la Belpassese” e “Belpassese in Promozione”, diffusione a mezzo altoparlante di una stornellata composta dal supertifoso Salvino Asero – a buona parte del primo tempo, in cui l’abilità degli ospiti nel contrastare le iniziative dei padroni di casa ha rischiato di avere la meglio? Come dimenticare il senso di liberazione provato al 41’, quando Franco Nicoloso con un tiro dei suoi, collocando la palla alle spalle di Drago, ha sboccato la partita?

Da quel momento è stato un crescendo inarrestabile e la pur valida Puntese nulla ha potuto di fronte ad un’organizzazione di squadra pressoché perfetta (anticipatrice di un 4-3-3 che qualche decennio dopo avrebbe trovato completa affermazione), con, davanti a due portieri di sicuro affidamento (il titolarissimo Orazio Prezzavento e Antonio Caruso, suo scalpitante secondo), una coppia centrale (Mario Manno-Antonio Vasta) insuperabile, due terzini (Felice Motta e Gianni Musumarra) assai diligenti (e non solo in fase difensiva), un centro-campo dinamico (vivacizzato dall’intelligenza tattica di Nino Motta, impreziosito dalle invenzioni di Turi Signorello e ben orchestrato da Saro Barbagallo, impareggiabile capitano) e il solito attacco, con la dinamicità di Pippo Musumeci e la verve del “falso nueve” Franco Cantone al servizio della vena realizzatrice di Franco Nicoloso che si sarebbe ripetuto nella ripresa (12’, 17’ e 30’) dopo il 2-0 di Barbagallo (5’).

Indimenticabile quella partita. Indimenticabile la snervante attesa di notizie da Adrano dove era impegnata la seconda in classifica che avrebbe potuto insidiare il primato. Indimenticabile l’entusiasmo dei più di duemila spettatori assiepati sulle tribune, testimonianza vivente di una rivoluzione che aveva trasformato quello che era stato un appuntamento per soli uomini in un appuntamento fisso per famiglie, con donne e bambini anche piccoli al seguito. Indimenticabile la fiumana di gente riversatasi in campo dopo il triplice fischio di chiusura del signor Ricciardi di Messina per abbracciare i propri beniamini e per fare festa assieme. Quel sogno – timidamente cullato, ma a prima vista impossibile – era divenuto realtà!

Un terzo tempo che sarebbe continuato fino alle ore piccole per le vie del paese tra inaudito frastuono di clacson e incredibile carosello di auto, con la gente festante affacciata dai balconi. «Belpasso sportiva – scriverà l’indomani su La Sicilia Salvatore Lo Faro – è in festa, ma forse sarebbe meglio dire che tutto il paese è in festa». Un terzo tempo che si sarebbe ripetuto anche la domenica successiva al ritorno dalla trasferta di Mascalucia, conclusa con una convincente vittoria grazie alla reti di Nicoloso (doppietta) e Cantone. Mentre si festeggiava, nessuno pensava che quel traguardo, meritatamente raggiunto e di cui giustamente si provava orgoglio, avrebbe rappresentato il punto più alto della bella storia cui un gruppo di amici – Pippo Motta, Mario Scandurra, Pietro D’Alessandro, Mario Morabito, Turi Bonanno, Saro Guglielmino assieme ai compianti Nuccio Marino, Carlo Ortoleva e Turi Martinens – aveva dato il via. La stagione successiva, infatti, si sarebbe conclusa con una sfortunata – e anche immeritata – retrocessione e quel sogno in bianco-verde avrebbe subito un duro colpo. Non solo, ma qualche mese dopo il ritorno in Prima Categoria Pippo Motta, lo storico presidente della promozione e del miracolo bianco-verde, sarebbe uscito di scena, ponendo definitivamente fine alla cosiddetta fase romantica. Si sarebbe ricominciato daccapo. Sarebbero anche arrivati nuovi successi, ma sarebbe stata tutt’altra storia. Con altri protagonisti e soprattutto altre filosofie.

Concludiamo qui il ricordo di un evento di storia locale che è stato bello avere vissuto e nello stesso tempo rivolgiamo un pensiero a quanti di quel magnifico gruppo di ragazzi non sono più fra noi (Francesco Mancuso, Pippo Petralia e Pippo Musumeci). Nello stesso tempo aspettiamo una nuova festa che ponga fine alla tristezza degli stadi vuoti e allo stop imposto all’attività calcistica dall’emergenza Covid-19. E chissà che non possa arrivare presto. 


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