Omicidio Sandri, Libera sarà parte civile L’associazione: «È un presidio importante»

L’associazione Libera, numeri e nomi contro le mafie è stata ammessa come parte civile nel processo ai maggiorenni accusati dell’omicidio di Pierantonio Sandri, studente 19enne originario di Niscemi ucciso nel settembre 1995. Per anni il corpo del giovane è rimasto sepolto nelle campagne del piccolo centro del Nisseno. La madre, Ninetta Burgio, non ha mai smesso di cercare il figlio e nel tempo ha ricevuto il sostegno dell’associazione fondata da don Luigi Ciotti.

La verità sulla scomparsa di Pierantonio viene a galla solo nel 2009, quando uno dei suoi assassini, Giuliano Chiavetta, si auto-accusa dell’omicidio e indica i nomi dei suoi complici iniziando un percorso di collaborazione con la giustizia che va avanti da allora. Il corpo di Sandri viene ritrovato nella sughereta di Niscemi e Chiavetta – all’epoca dell’omicidio minorenne – viene condannato dal Tribunale dei minori in primo grado a 16 anni di carcere, rinunciando a ricorrere in appello. L’altro minore accusato, Salvatore Cancilleri, è stato assolto in primo grado. Oggi, invece, si è celebrata l’udienza con rito abbreviato per gli altri due presunti complici già maggiorenni nel ’95, Vincenzo Pisano e Marcello Campisi.

Secondo la ricostruzione dei pentiti e le indagini degli inquirenti, Sandri sarebbe stato ucciso perché avrebbe riconosciuto gli autori di un incendio intimidatorio all’auto di uno dei candidati alla corsa elettorale dell’epoca. In paese era noto il suo carattere poco concorde alle dinamiche mafiose, così i vertici locali del paese ne decidono la sorte. Il 3 settembre ’95 lo studente non fa rientro a casa e da quel momento inizia per la sua famiglia la lunga ricerca di una verità.

Il legale di Libera, Enza Rando, ha presentato la richiesta di costituzione di parte civile anche per Francesco Burgio, fratello di Ninetta, morta nel dicembre 2011. Per giustificare la richiesta avanzata dall’associazione, nel fascicolo sono state allegate le testimonianze dell’attività di Libera sia nel sostegno alla famiglia di Pierantonio che in altri procedimenti penali in corso. Sono stati inseriti i numerosi appelli che l’insegnante niscemese negli anni ha rivolto pubblicamente affinché fosse fatta luce sulla scomparsa del figlio e la folta rassegna stampa sul caso. Una maniera per far risuonare tra le aule del tribunale la voce di una madre che non ha mai smesso di lottare per stabilire la verità sulla sorte del figlio.

«Ninetta è sempre stata assistita e ha camminato con Libera – spiega Rando – Era sempre presente al corteo annuale del 21 marzo, urlando al Paese il suo bisogno di verità». Della richiesta si dice felice il pubblico ministero Lucio Setola, responsabile anche delle indagini sul territorio di Niscemi per la Direzione distrettuale antimafia catanese. Di avviso contrario, invece, la difesa di Marcello Campisi che si è opposta per timore che l’ammissione possa creare in qualche maniera «suggestione» alle parti, chiedendo pure l’estromissione degli appelli di Ninetta Burgio. Il legale dell’imputato ha fatto richiesta di non inserire gli ultimi risultati delle indagini compiute a seguito delle dichiarazioni di Giuliano Chiavetta e di un altro pentito chiave, l’ex boss Antonino Pitriolo, definendoli risultati di «indagini intempestive». Secondo la difesa sarebbe passato molto tempo, tre anni dalle prime dichiarazioni di Chiavetta, due dal processo celebrato nei confronti dei due ex minorenni e 17 dall’omicidio di Pierantonio Sandri. «Non è concepibile questo tipo di eccezione», ha ribattuto il pm, ribadendo come la difesa possa rinunciare al rito abbreviato qualora il quadro accusatorio sia cambiato rispetto al momento della richiesta.

Il giudice Oscar Biondi ha rinviato la discussione al prossimo 10 ottobre. A sostenere l’accusa – per via di un trasferimento del pm Setola – sarà Raffaella Vinciguerra, della procura di Caltagirone, che in passato ha svolto indagini sul territorio Nisseno. Ad assistere all’udienza di oggi anche una rappresentanza dell’associazione Libera. «L’iconografia classica vede il mafioso circondato e sostenuto dalla famiglia. Qui c’è un’inversione», spiega il coordinatore provinciale Giuseppe Strazzulla che parla di un «presidio importante». «Ninetta non ha mai chiesto vendetta – afferma Enza Rando – Merita una giusta sentenza».


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