Il terremoto di Santo Stefano cade nel dimenticatoio? Assente dal di Piano ripresa. Mille le case da risanare

«Finora, quello che abbiamo subito nel 2018 è come se fosse stato un terremotino. Ci aspettiamo che il governo tenga in considerazione quanto accaduto la notte del 26 dicembre del 2018, come ha fatto per i sismi che si sono verificati nelle altre zone d’Italia». A MeridioNews il sindaco di Acireale Stefano Alì, oltre a cercare di far comprendere il proprio sentimento, prova a intercettare anche le preoccupazioni dei colleghi che guidano i Comuni costretti a fare ancora i conti con i danni causati dalla violenta scossa di magnitudo 4.8 che tre anni fa ha piegato diversi Comuni alle pendici dell’Etna. Le crepe di quell’evento sono ancora vive. Il terremoto di Santo Stefano a differenza dei terremoti avvenuti in Emilia nel 2012 e nel centro Italia nel 2016, non è stato inserito nel piano di ripresa e resilienza del governo. Passaggio che permetterebbe di beneficiare dei fondi comunitari per il rilancio. A farlo notare era stata anche la senatrice di Fratelli d’Italia Tiziana Drago.

Intanto lo scorso 18 giugno i sindaci dei Comuni di Acireale, Zafferana, Pisano, Viagrande, Aci Sant’Antonio, Santa Venerina e Milo si sono incontrati per decidere i prossimi passi da compiere per venire incontro alle esigenze dei residenti. Questi, insieme ad Aci Bonaccorsi e Aci Catena, sono state le città coinvolte dall’emergenza. Oltre mille abitazioni aspettano ancora di essere risanate dai danni. Solo ad Acireale sono 120 i soggetti che ancora percepiscono il contributo di autonoma sistemazione, somma che è andata a chi ha dovuto lasciare la prima casa e non aveva un alloggio disponibile. Su nove Comuni, sono soltanto 23 le istanze corredate dai progetti per la sistemazione degli edifici che hanno subito danni maggiori. «Nei prossimi giorni vorremmo fare una riunione con i tecnici dei vari uffici comunali, loro hanno il polso della situazione – continua Alì – Vogliamo capire cosa impedisca ai privati a presentare le istanze, attualmente sono veramente poche. Poi dovremmo attuare una campagna di informazione: molti dei privati, probabilmente, non sono a conoscenza degli iter da seguire». 

Tra le idee avanzate dai primi cittadini da proporre agli organi nazionali ci sono, inoltre, la sospensione della tassa sulla casa e sui rifiuti, la proroga della struttura commissariale per l’emergenza e la richiesta di alcune piccole sanatorie edilizie per quelle case che dovranno beneficiare di una sistemazione. Quello della semplificazione delle norme è stato un tema sostenuto da Angela Foti. La deputata acese all’Ars fa notare che «al momento non ci sarebbe un uguale trattamento con altri terremoti precedenti – afferma – In Regione possiamo fare ben poco. Avevamo chiesto che, alla luce delle opere di ricostruzione, si potessero essere applicate delle sanatorie com’è avvenuto per L’Aquila. Ma ci è stato detto che era materia statale». Intanto giovedì 24 giugno si riunirà la quarta Commissione all’Ars. Alla seduta parteciperà il dipartimento della presidenza del Consiglio Casa Italia. «Abbiamo sempre cercato di interloquire e di appoggiare le istanze presentate dal commissario per la ricostruzione – aggiunge la deputata – Finora dal governo sono stati mandati soltanto 230 milioni che includono la ricostruzione di privati e chiese, ma servono altri interventi: al momento, in tanti beneficiano del Cas, che è un contributo necessario, ma sarebbe meglio che tutti potessero sistemare la propria casa».

Sulle poche istanze presentate e le tante richieste che non sarebbero state accolte dagli organi nazionali fa il punto il commissario per la ricostruzione Salvatore Scalia, nominato dalla presidenza del Consiglio a giugno del 2019. Scalia ha il compito non soltanto di occuparsi dei danni a edifici pubblici e privati. «I sindaci faranno pervenire le loro richieste all’Anci e ai deputati nazionali, ai quali ho sottoposto più volte la questione. Mi auguro pure che anche le iniziative del recovery fund vengano estese al sisma del 2018 e che si prevedano azioni per le seconde case – spiega Scalia – Rimane quasi un mistero il motivo delle poche istanze di ricostruzione presentate dai privati. Allo stato attuale abbiamo circa due ingegneri per ogni pratica. Credo che molti desistano a presentare i progetti preoccupati della presenza di queste piccole difformità edilizie – parliamo di piccole strutture – Su questo, qualche mese fa avevo scritto agli organi nazionali, ma non ho ricevuto risposta. Abbiamo fatto in modo che il sismabonus (misura di carattere nazionale che permette la detrazione di alcune per chi adotta misure antisismiche su nuovi immobili, ndr) fosse esteso anche ai terremotati del 2018». 

Dal 2018 a oggi, attraverso i primi fondi inviati dal governo, sono stati fatti rientrare nelle proprie case circa 700 persone dei nove Comuni. Adesso, però, rimane la grossa fetta di residenti che hanno subito i danni maggiori. L’ordinanza attualmente in vigore che permetterebbe gli interventi strutturali ha scadenza entro giugno. In questi giorni è già stata trasmessa la bozza per una nuova ordinanza, che dovrebbe entrare in vigore a luglio e prevede l’estensione dei contributi anche a favore delle attività produttive. «La ricostruzione pubblica, fermo restando i tempi della burocrazia, sta andando avanti – conclude Scalia – Quello che ci preoccupa sono le poche domande formulate dai privati, che sono convinto si affretteranno a presentare le istanze per la fine di giugno. Questo potrebbe provocare un allungamento dei tempi». 


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