Quali effetti può avere la sabbia dell’Etna su di noi? Ingv: «Valutiamo l’impatto sui soggetti vulnerabili»

Le eruzioni dell’Etna sembrano non finire più. Gli spettacolari fenomeni che i residenti delle comunità alle pendici del vulcano, fino a qualche anno fa, erano abituati a vedere soltanto come episodi che, al massimo, si replicavano qualche volta l’anno, adesso sembrano essere eventi di ordinaria amministrazione. Ai fenomeni eruttivi segue la copiosa nube di cenere. Da febbraio, la terra dell’Etna non risparmia nessuna superficie. Sabbia vulcanica che potrebbe incidere anche nella salubrità dell’aria. A Catania, le analisi effettuate dall’Arpa nelle stazioni di rilevamento di viale Vittorio Veneto nelle ultime settimane hanno rilevato dei casi ripetuti di sforamento dei valori delle polveri sottili. Dall’inizio dell’anno a giugno, i valori giornalieri delle micro particelle che, se inalate, potrebbero nuocere anche alla salute umana sono andati per quasi 20 volte oltre i 50 micrometri a metro cubo consentiti. Un dato importante, considerando che in un anno sono consentiti 35 sforamenti totali. Un aumento dei valori delle polveri sottili è dovuto all’inquinamento e alle alte temperature, a questi influisce pure la caduta della cenere vulcanica.

Sull’impatto che la sabbia dell’Etna potrebbe avere sulla salute umana e sul territorio, negli anni, sono stati condotti diversi studi, che hanno interessato anche ricercatori stranieri. Uno dei tanti approfondimenti attualmente in corso è quello portato avanti dai ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio etneo (Ingv-Oe), con la collaborazione delle Università di Catania e Palermo, che hanno messo a disposizione il personale del dipartimenti di Neurologia di Catania e di Scienze geologiche di Palermo. Uno dei promotori dello studio è Salvatore Giammanco, primo ricercatore di Ingv. «È da almeno 20 anni che ci dedichiamo ai possibili impatti che può avere la cenere vulcanica – spiega Giammanco – Le nostre analisi riguardano sia la composizione della cenere, sia la sua capacità di dispersione nell’ambiente. Adesso siamo in grado di osservare, seguendo la direzione dei venti, i punti di ricaduta della cenere. Abbiamo dei programmi di simulazione che servono a prevedere quale distribuzione avrà sul territorio: riusciamo a dimostrare tutto con delle mappe e siamo in grado di comunicare dei dati utili al dipartimento di Protezione civile».

Negli ultimi anni i ricercatori stanno studiando i processi naturali che gli elementi chimici contenuti nella sabbia vulcanica compiono dal momento dell’eruzione fino ad arrivare a noi. «Molti elementi chimici contenuti nelle ceneri possono giungerci tramite la frutta e la verdura coltivate in loco, passando dall’acqua di falda – prosegue Giammanco – Gli elementi chimici che costituiscono le ceneri vengono sciolti dall’acqua piovana e si riversano sull’ambiente, comprese le falde acquifere, donando un ricco apporto alla terra: questi stessi minerali, infatti, forniscono grande nutrimento al suolo. Ne è testimone l’agricoltura, che nelle zone etnee è molto florida».

Poi c’è la parte che riguarda le possibili conseguenze negative sugli esseri umani. La sabbia vulcanica contiene degli elementi metallici che in soggetti vulnerabili potrebbero risultare nocivi. «Si tratta di metalli in traccia che in persone più cagionevoli potrebbero interferire con i processi cellulari provocandone disfunzioni e alterazioni. In certi casi estremi, questi metalli in traccia possono produrre la morte delle cellule e, quindi, essere causa di tumori, come quello alla tiroide, o malattie del sistema neurodegenerativo come la sclerosi multipla o la sla. Tuttavia – sottolinea Giammanco – è importante dire che lo studio è tuttora in corso: stiamo cercando di capire se e quanto la cenere possa incidere sullo sviluppo di queste malattie. Uno dei dati a sostegno di queste tesi è che nelle zone etnee abbiamo notato maggiori manifestazioni di queste patologie: i metalli potrebbero esserne la causa». 

Mentre, riguardo all’aumento di polveri sottili Giammanco conferma che «sicuramente la cenere può aumentarne i valori – conclude – Ogni giorno, tutta questa quantità di sabbia viene frantumata dai mezzi che circolano: questo non fa altro che renderla sempre più fine e capace di penetrare più facilmente nel nostro organismo. Il fatto che con il Covid-19 abbiamo sdoganato l’uso della mascherina non può essere che un vantaggio per tutti noi, visto che ci protegge benissimo anche dalle inalazioni».

Nel frattempo, i Comuni interessati chiedono interventi sulla gestione di quella che ormai è una vera e propria emergenza, che aspetta soltanto di essere riconosciuta dalle istituzioni. La incalcolabile quantità di sabbia vulcanica riversatasi in questi mesi nella zona ionico etnea ha portato i Comuni all’esasperazione, con difficoltà nello smaltimento, a cui si aggiungono i molteplici rischi per l’incolumità sulle strade. Lo scorso 5 luglio, il presidente Nello Musumeci ha convocato un tavolo insieme ai sindaci etnei. Uno spazio di confronto che ha visto coinvolti anche la Protezione civile e l’assessore regionale delegato Toto Cordaro. Da Roma sono in arrivo cinque milioni di euro per fronteggiare la crisi. Tuttavia, la somma sembra troppo esigua di fronte a una situazione così delicata e, forse, così lontana dalla Capitale da non essere del tutto recepita. 


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