AvolaBlog offline dopo le minacce di querela «I cittadini non sono più liberi di esprimersi»

«E’ stata una bella esperienza ma da queste parti siamo stanchi di sentirci costantemente minacciati di querele. Stappate una bottiglia e brindate. Dopo sei lunghi anni di attività AvolaBlog è offline!». Queste poche righe scritte in nero su una pagina bianca sono tutto quello che resta del sito web di informazione partecipativa della cittadina siracusana che, dal 30 agosto scorso, è stato oscurato dai suoi stessi gestori a causa dell’«impossibilità di continuare a fare informazione». Perché, al di là delle effettive e paventate azioni legali collezionate dal 2007 ad oggi, ad imporre lo stop al portale sono state ragioni di altra natura. «Me ne frego delle minacce di querela, quelle non ci spaventano – afferma Gianni Amato, fondatore del portale – Ma gli avolesi non sono più liberi di esprimere la propria opinione perché vengono minacciati loro stessi e, senza le loro segnalazioni, il blog non può più lavorare».

AvolaBlog – punto di riferimento per l’informazione dal basso sul territorio avolese che, prima della chiusura, aveva raggiunto più di 2500 visitatori unici al giorno – dalla sua nascita ha fatto un punto di vanto della sua schiettezza. «In cinque anni siamo stati querelati tre o quattro volte, ci può stare, non sono tante», racconta Amato. Il motivo? Le tematiche trattate tra le sue pagine web. «Abbiamo sempre affrontato temi scottanti, soprattutto sulla politica locale, con toni anche molto accesi e c’è sempre qualcuno che prende male una notizia e accusa chi la pubblica di diffamazione», spiega il fondatore.

Tutto nella norma, insomma, almeno fino a qualche mese fa. «Nell’ultimo anno sono successe cose strane – racconta ancora Amato – Precisamente a partire dalle elezioni del maggio 2012 e dal cambio dell’amministrazione, guidata dal nuovo sindaco Luca Cannata». A cui, secondo il gestore, «pare che AvolaBlog non sia andato molto giù». Così come ai suoi supporter. Trattandosi di un blog aperto alla partecipazione dei lettori e che si sostenta a livello contenutistico soprattutto grazie ai loro contributi, «i cittadini che facevano segnalazioni e che spesso scrivevano gli stessi articoli, nell’arco di 24 ore dalla pubblicazione ci chiedevano di rettificare il post o addirittura di rimuoverlo». Questo perché, nel frattempo, come commenti al pezzo in questione, «erano arrivate minacce di querela ed intimidazioni». Una coincidenza che, spiega Amato, col passare del tempo è diventata sempre più consuetudine. «Spesso su temi che toccavano l’amministrazione» e per i quali «anche qualche componente ha minacciato di portarci in tribunale».

La spiacevole routine è andata avanti per mesi, spiega Amato. Finché, dopo ferragosto, non è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la pubblicazione di un articolo – con tanto di gallery fotografica – che denunciava la presenza di topi morti in acqua e sulla spiaggia del lungomare di Avola. Ratti annegati nella rete fognaria durante l’alluvione che si era abbattuta sul Siracusano qualche giorno prima e che, a causa dell’assenza in paese di un depuratore, erano andati a finire direttamente in mare insieme alle acque reflue. Suscitando la polemica, ancora in piena stagione balneare, tra avolesi e istituzioni. «Un cittadino ha fatto delle foto e ci ha inviato un articolo a sua firma, che abbiamo pubblicato – racconta Amato – Ma, probabilmente messo alle strette da qualcuno, l’indomani ci ha chiesto di rimuoverlo».

La notizia dei ratti spiaggiati si era però già diffusa rapidamente attraverso la Rete, preoccupando turisti e bagnanti. Ma senza trovare spazio sui media ufficiali del posto, come precisa Amato. «Siamo stati contattati da giornalisti della carta stampata locale – spiega il blogger – I quali ci hanno comunicato che qualcuno li aveva avvisati di non pubblicare la storia sul giornale. Che infatti sui cartacei non è uscita». Contemporaneamente, sulla questione «è intervenuto anche il sindaco – continua Amato – precisando che, dai rilevamenti effettuati dal Comune, il topo morto in spiaggia era solo uno». Puntualizzazioni a cui però si sono contrapposte «le testimonianze di altri cittadini, che hanno diffuso nuove foto». «Da qui c’è stato il delirio – racconta ancora il fondatore – Siamo stati accusati dall’amministrazione comunale di non amare la città e di averla messa in cattiva luce». Ed è arrivata «una minaccia di querela, per noi e per i cittadini che avevano diffuso le immagini, accusandoci di essere diffamatori e fomentatori di masse».

Dopo quest’episodio, la redazione di AvolaBlog confessa di essersi trovata «davanti ad un bivio: andare avanti, ma senza il supporto dei cittadini che non si possono più esprimere liberamente, o chiudere», racconta Amato. Che ha scelto la seconda, drastica, soluzione. «Per noi fare informazione in queste condizioni è diventato impossibile, l’informazione stessa era falsata da continue richieste di rettifica o peggio», lamenta il gestore del sito. E, nonostante Amato abbia le idee chiare su quali siano le ragioni che lo hanno costretto ad oscurare il portale, ammette di «non poter muovere accuse esplicite a nessuno, perché non ci sono prove o evidenze per dire “è andata cosi”. Ma sappiamo tutti come sono andate le cose e come funziona». Sottolineando, amareggiato, il silenzio da parte dei media locali che è seguito all’annuncio dell’oscuramento del blog. «Dopo la chiusura – racconta Amato – mi hanno chiamato alcuni giornalisti della stampa cartacea, tra cui La Sicilia e il Giornale di Sicilia, ma nonostante si siano informati sui fatti non è mai uscito nessun articolo».

A non tardare è stato invece il sostegno dei cittadini, che si sono subito dimostrati solidali con la redazione. Prima su Facebook, «dove gli utenti hanno cambiato l’immagine del profilo con la nostra ape, il logo del sito», racconta Amato. Poi con una petizione, in cui invitano i redattori a riprendere l’attività di informazione, e una lettera aperta – «sottoscritta da alcuni avvocati avolesi», precisa il gestore – rivolta al gruppo redazionale e a tutta la cittadinanza, per dimostrare «solidarietà e sostegno» e ribadire «l’importanza di tutelare e sostenere tutti gli spazi in cui il confronto e la dialettica democratica possano manifestarsi». Infine, con una puntata speciale del programma radiofonico #avolanontace, dedicato alla libertà di informazione e al caso AvolaBlog.

«In paese la cosa è molto sentita – spiega Amato – E in questi 20 giorni di chiusura i cittadini si sono movimentati in tanti modi per fare qualcosa». Il prossimo passo? «In questi giorni – anticipa il blogger – Tenteremo di organizzare un incontro pubblico e aperto, in cui coinvolgere anche sindaco e amministrazione, per cercare di trovare un punto in comune». E valutare se ci sono gli elementi affinché la ripresa delle attività sia davvero praticabile. «La decisione non è irreversibile – precisa Amato – Ma per riaprire ci vuole una garanzia di collaborazione da parte dei cittadini. Anche se in un piccolo paese come Avola è difficile esprimersi, la mentalità stenta a cambiare e sei sempre ricattabile».

[Foto di AvolaBlog]


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Il portale di news della cittadina siracusana è stato oscurato a fine agosto dagli stessi gestori a causa dell'«impossibilità di continuare a fare informazione». «Gli avolesi che ci inviano le segnalazioni vengono minacciati e chiedono rettifiche e rimozioni dei post», spiega il fondatore Gianni Amato. Il motivo? I temi trattati, principalmente sulla politica locale e con toni accesi, «che alla nuova amministrazione non vanno giù e annuncia azioni legali». Intanto, i lettori si mobilitano sul web per chiedere ai redattori di tornare in attività

Il portale di news della cittadina siracusana è stato oscurato a fine agosto dagli stessi gestori a causa dell'«impossibilità di continuare a fare informazione». «Gli avolesi che ci inviano le segnalazioni vengono minacciati e chiedono rettifiche e rimozioni dei post», spiega il fondatore Gianni Amato. Il motivo? I temi trattati, principalmente sulla politica locale e con toni accesi, «che alla nuova amministrazione non vanno giù e annuncia azioni legali». Intanto, i lettori si mobilitano sul web per chiedere ai redattori di tornare in attività

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