Fontanarossa, un meeting per il rilancio L’ex Ad Turrisi: «Collegarlo al territorio»

Voli in ritardo, prezzi alti, disservizi vari in aerostazione. L’ultimo riguarda la carenza di personale ai gate, con un record di ben 15 addetti assenti contemporaneamente, tutti per malattia. Una situazione insostenibile per l’aeroporto Fontanarossa, una infrastruttura che dovrebbe avere un ruolo strategico nell’economia siciliana, sopratutto a livello turistico. Un tema sul quale lunedì 23 settembre alle 10, il meeting Le ali della libertà, organizzato al Palazzo delle scienze di corso Italia dal Tavolo per le imprese, proverà a fare il punto, con ospiti quali il presidente di Confcommercio Sicilia Pietro Agen, il presidente del Fipe Sicilia Dario Pistorio, il vicepresidente dell’associazione di ristoratori In Centro Andrea Graziano. Soprattutto ci sarà Gaetano Mancini, amministratore delegato della Sac, la società che gestisce l’aeroporto di Catania, che sull’ultimo sospetto caso dei tanti dipendenti ammalati in contemporanea ha promesso «tolleranza zero, interesseremo Procura e ordine dei medici». Ma i problemi di gestione, per lo scalo esistono «già dal 2008, quando l’aeroporto ha iniziato ad andare male».

Alfio Turrisi

Ad affermarlo è l‘ingegnere Alfio Turrisi, cavaliere del lavoro e presidente di Sielte, azienda internazionale che opera nel settore delle telecomunicazioni e dei sistemi energetici. Che da luglio a novembre del 2007 ha preceduto Mancini nel ruolo di amministratore delegato Sac. «L’aeroporto lo conosciamo più come utenti che per l’esperienza passata: per noi isolani che dobbiamo viaggiare con cadenza almeno settimanale l’aeroporto è l’unico mezzo possibile», afferma Turrisi. Che della sua esperienza passata, finita con delle dimissioni, ricorda: «A Catania nel 2007 avevamo una grande euforia, con l’aerostazione nuova consegnata ai primi dell’anno, un gioiellino di cui si vedevano solo i pregi e non i difetti. Eravamo il quarto aeroporto d’Italia e si puntava a diventare il terzo. Ora abbiamo perso la sfida, e c’entra lo sviluppo del territorio», afferma sicuro. L’esempio è presto fatto: Orio al Serio, in Lombardia. «Si trova a due passi da Milano, e prima non riusciva ad avere voli se non nei giorni di difficoltà che capitano a Linate. Hanno costruito una città attorno, e la gente va anche per fare la spesa», spiega l’ex Ad di Sac. La ricetta per far funzionare bene un aeroporto è dunque quella di «collegarlo con le infrastrutture del territorio».

«Ad esempio,  potrebbe funzionare mettere insieme una serie di pacchetti che possano diventare una opportunità. Se un albergo, ad esempio, fa una grande e conveniente promozione, ma le persone per arrivare da Roma a ridosso delle vacanze spendono 400 euro e la bontà del pacchetto dell’albergo non vale più nulla». Un buon prezzo dovrebbe essere quello di «100, o 120 euro andata e ritorno per una località italiana». E poi puntare sui prodotti locali: «Sarebbe meglio trovare all’interno del’aeroporto prodotti del territorio, invece di vendere vestiti cinesi. E puntare ad aumentare i volumi di vendita invece di richiedere percentuali elevate a chi opera all’interno».

Le ali della libertà, locandina del meeting che si terrà lunedì 23 settembre al Palazzo delle scienze (ore 10)

Quanto ai problemi, Turrisi concorda su un fatto: la crisi di Wind Jet ha influito in maniera negativa. «La compagnia univa però a un prezzo basso un servizio che non garantiva orari certi, quindi non veniva usata dai professionisti che viaggiano spesso. Per fortuna ci sono ancora Blue Express e Meridiana», continua Turrisi. Le difficoltà sono quindi di natura strutturale e gestionale. Un esempio? «I parcheggi, lasciati all’iniziativa privata completamente slegati dalla gestione dell’aeroporto. Non c’è nemmeno un percorso coperto dall’aerostazione – racconta Turrisi – Io ricordo ancora le mie sortite per non fare mettere le auto in seconda o terza fila. Ci vuole coordinamento con le istituzioni, e con i vigili non siamo mai riusciti a trovare una soluzione con questi problemi. Idem con i cani randagi, se ne occupò un giovane di una associazione. Cose impossibili: sembra che manchiamo del senso civico».

Prima di tutto, però, bisogna riformare la Sac, «eliminando la Sac Service, una società doppione che assume il personale per conto della società madre. Doveva scomparire già nel 2007 – continua il cavalier Turrisi -, perché è partecipata al 100 per cento dalla Sac ma ne aumenta i costi». Che non crede a una eventuale ipotesi di privatizzazione dello scalo, come annunciato a Palermo. «L’aeroporto è sempre stato un modo per gestire il potere e avere modo di piazzare personale o altro. Non c’è interesse a sviluppare un aeroporto, ma per fare i propri affari. Non so adesso quale sia la situazione, ma me ne andai dopo quattro mesi perché non potevo fare nulla. Magari ero anche inadeguato al ruolo», commenta l’ex amministratore.

Un ultimo commento Turrisi lo dedica allo scalo di Comiso. «Bisogna vederlo come opportunità perché è a poca distanza, se si migliorano i trasporti può diventare una alternativa, come nei casi delle eruzioni dell’Etna, e non possiamo permetterci di andare a Trapani e Palermo. Oltre a essere una grande opportunità per le aereolinee lowcost e dei cargo dei prodotti del territorio, che nel Ragusano sono molto pregiati, con costi confrontabili con trasporto su gomma. Tra l’altro la società di gestione è partecipata dalla Sac», conclude.


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