Aci Catena verso le elezioni e Oliveri si ricandida «Ridata dignità al Comune ed evitato il fallimento»

Dopo l’esperienza del 1995, quando Aci Catena veniva dal commissariamento a causa dello scioglimento per infiltrazioni mafiose, Nello Oliveri è tornato al governo della città del limone verdello nel 2017, sempre dopo un commissariamento. In trent’anni, Oliveri, legato al presidente della Regione Nello Musumeci, è uno dei tre sindaci che ha avuto Aci Catena, insieme Raffaele Nicotra e Ascenzio Maesano. Questi ultimi entrambi incappati negli ultimi anni in gravi vicende giudiziarie: Nicotra è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, Maesano, invece, ha subito una condanna definitiva corruzione. Ad Aci Catena è già aria di elezioni, si svolgeranno tra sei mesi e Oliveri si ricandiderà.

Sono trascorsi quasi cinque anni da quando è stato eletto. Come è stata questa sua seconda esperienza dopo quella del 1995?
«Anche se detto da me può non far testo, ritengo di avere operato bene. In questi quattro anni e mezzo tre eventi hanno rallentato l’amministrazione. Innanzitutto il terremoto del 2018: i postumi ancora li stiamo pagando, ma rispetto ad altri Comuni, per quanto riguarda le opere pubbliche, forse siamo riusciti a riparare i danni. Un pensiero va a via Platania, al confine con Acireale: è stata chiusa per oltre un anno, ma quando siamo riusciti a riaprirla nessuno ne parlò. Poi c’è stata la condanna della Corte dei conti che ha bloccato la spesa del Comune per fatti precedenti alla mia elezione: ci hanno contestato bilanci già approntati ma che di fatto non erano veritieri. Diciamo che più che fare il sindaco ho dovuto fare l’amministratore contabile con un debito di 22 milioni di euro. In ultimo, c’è stata l’emergenza Covid. Rispetto alla mia prima esperienza nel ’95, mi sento il sindaco di due città diverse. Allora il Comune era sano economicamente. Molti questo lo hanno dimenticato, così come hanno dimenticato che nel 2017 ho ottenuto 850 voti in più rispetto alla coalizione che mi sosteneva».

C’è da dire che molti dei problemi da lei elencati sono comuni a quelli degli altri sindaci del territorio.
«La condanna da parte della Corte dei conti ha messo in ginocchio l’ente. Oggi abbiamo 97 dipendenti comunali, non possiamo assumere proprio per il blocco della spesa. Mancano tecnici, vigili urbani e operai. Se non ci fosse stato questo tsunami, sicuramente sarebbe stato possibile fare molto di più. Il Comune non è ancora fallito, credo sia un merito. Forse qualcuno voleva il dissesto, compresi i consiglieri di maggioranza: ma noi, nonostante tutto, abbiamo chiuso molti debiti pregressi e non acceso nuovi mutui. Malgrado tutto siamo riusciti a fare pervenire 30 milioni di euro di finanziamenti pubblici per opere che vedranno la luce a breve. Ne beneficerà la prossima amministrazione, che spero di guidare io stesso».

Spesso si è dovuto difendere dagli attacchi della sua maggioranza in Consiglio, a volte sembra remarle contro. È solo un impressione o il rapporto con i consiglieri che l’hanno sostenuta non è mai decollato?
«Essendo una coalizione non è sempre facile andare di comune accordo, ma questa è la politica. A volte però qualcuno pensa di essere un giocatore libero e ricoprire tutte le parti del campo. Così non è, perché in una colazione bisogna starci con una certa eleganza».

Quindi lo possiamo affermare: si ricandida. Rifarà gli stessi accordi del 2017?
«Io mi ripresento, e lo faccio per raccogliere ciò che ha seminato questa amministrazione: la prossima stagione sarà quella del raccolto. Riproporrò, se ci sono le condizioni, la stessa coalizione politica di centrodestra e civica. Ma se qualcuno non dovesse sentirsi di andare avanti o dovesse avanzare ipotesi che ritengo inaccettabili, non escludo di fare alleanze con forze diverse. Dobbiamo tenere fuori gli egoismi e lavorare per la città: se qualcuno ha altre intenzioni, lo dica chiaramente. Io non sono obbligato a fare il sindaco per forza, ma nemmeno chi si vuole ripresentare è obbligato a fare il consigliere a vita».

In questi anni ci sono stati diversi cambi di assessori, anche in virtù di accordi pre-elettorali. Si è sentito ostaggio di ciò? Nonostante i diversi cambi in giunta è stato possibile programmare?
«Ostaggio no, nessuno mi ha puntato la pistola alla testa. È stato chiesto il cambio in giunta per accordi elettorali. Visti gli avvicendamenti è normale il disagio durante le prime fasi. Ma pur avendo cambiato un certo numero di assessori devo ammettere che ho avuto in giunta persone responsabili, in grado di ricoprire l’incarico che spettava loro».

La fedeltà a Nello Musumeci non è in discussione.
«Al presidente mi legano 45 anni di amicizia personale e militanza politica. Io non sono una bandiera che cerca di saltare sul carro del vincitore, mi ritengo una persona di fede politica e dal pensiero libero: non sono un avventuriero e non inseguo mode. Oggi in Sicilia non vedo nessuno capace di sostituire Musumeci alla Regione».

Cosa si sente di aver cambiato rispetto ai suoi due predecessori? Ha governato anche insieme a chi sosteneva Nicotra e Maesano.
«Non è da me parlare male di chi mi ha preceduto. Cosa è cambiato? Dopo anni, per la prima volta, un mandato di un sindaco non si interrompe a metà strada per vicende esterne. Credo di aver amministrato in modo talmente trasparente che la Procura non si è mai occupata del Comune di Aci Catena. Ho trovato una giungla dal punto di vista burocratico: adesso abbiamo stabilito il principio della gerarchia amministrativa, dando giusti diritti e doveri ai dipendenti».

Quando è stato eletto il suo motto era «se ami Aci Catena la rispetti» a cui si aggiungeva il colorito «stamu fitennu». Sono passati quattro anni abbondanti, ma la raccolta dei rifiuti non sembra aver raggiunto i risultati sperati.
«Alcuni fattori non dipendono né da me né dai colleghi. La politica dei rifiuti non è di competenza dei sindaci. La chiusura delle discariche di indifferenziato ha creato problemi a tutti i Comuni. La Sicilia soffre la mancanza di isole di stoccaggio per il differenziato. Abbiamo criticità soprattutto sui rifiuti organici. Quando mi candidai, era iniziata la raccolta differenziata ed erroneamente il territorio era pieno di mastelli di rifiuti. Noi abbiamo messo ordine facendo allocare i mastelli all’interno dei condomini e, per le singole abitazioni, abbiamo fornito piccoli mastelli. Abbiamo esteso la raccolta su tutto il territorio. Non è perfetta l’attuale ma dal 14 per cento, oggi abbiamo superato il 50. C’è una parte di città che non vuole adeguarsi: noi abbiamo già acquistato telecamere per individuare chi abbandona rifiuti. Molti sono stati multati, alcuni mi chiedono di togliere le multe, ma non lo facciamo».

Tornando alla situazione debitoria dell’ente: perché non dichiarare il dissesto?
«Sono contrario al dissesto perché avrebbe prodotto danni alle ditte creditrici che da anni aspettano di essere pagate. In più, un eventuale dissesto alzerebbe le già alte imposte comunali e taglierebbe i servizi essenziali. Non dichiarare il dissesto ha fatto sì che il debito fosse ridotto, che i servizi essenziali fossero garantiti e ha dato la possibilità di pagare la maggior parte dei creditori. Oggi, con la buona politica, abbiamo la forza per andare avanti».

Spesso i quartieri nord della città sono rimasti senza acqua anche per quasi una settimana. Un problema a cui si è aggiunto quello della gestione dei tributi: ad alcuni sono arrivati arretrati salatissimi. A volte, di bollette che avevano già pagato.
«Noi acquistiamo acqua da tre ditte, che oggi non vantano più crediti rispetto al passato. Acqua e luce non venivano pagati da tantissimo tempo: mi chiedo come mai prima il Comune non pagasse i fornitori. Oggi abbiamo saldato il debito. Abbiamo adeguato e migliorato il contratto alla ditta di telecontrollo Telereading con le nostre condizioni, pena la rescissione. Vero è: l’acqua è mancata per parecchi giorni nei quartieri a Nord della città. Si era guastata l’unica pompa che c’era. Adesso abbiamo risolto definitivamente il problema mettendone due, in modo tale che se si guasta una c’è l’altra pronta. Sembra semplice ma come mai prima non era stato pensato? Per quanto riguarda i tributi, c’è stato un errore nella trasmissione da parte delle piattaforme che gestiscono i pagamenti. Inoltre da quando l’acqua si paga a consumo, molti che prima approfittavano usando l’acqua in maniera incontrollata si sono visti arrivare bollette pesanti».

In tema di contenziosi, uno è finito sui giornali. Il Comune contrapposto alla ditta di proprietà del fratello dell’ex consigliere Francesco Grasso. Poi c’è quello che la riguarda personalmente: il risarcimento di 260mila euro chiesto alla parrocchia dopo l’incidente del 2017.
«Riguardo ad Archea Impianti, i fatti risalgono a circa dieci anni fa, sotto altre amministrazioni. Il titolare – che non è un componente della mia amministrazione, ma anche se lo fosse nulla cambia – asserisce di avere eseguito dei lavori per conto del Comune, prima commissionati sulla parola. Gli uffici confermano che non ci sono gare e delibere di autorizzazioni. Tuttavia, da alcuni sopralluoghi compiuti da tecnici oggi in pensione, si evince che alcuni lavori sono stati fatti. Così ho proposto la mediazione, che la legge consente agli enti prima di arrivare per via legali: l’accordo non c’è stato. Adesso questi atti sono davanti a un giudice, che dirà se le somme spettano alla ditta. Ce n’è uno che lei non ha citato, ovvero i debiti con l’Enel. Abbiamo un debito di tre milioni di euro per luce non pagata: l’atto della ditta è arrivato i primi giorni del mio insediamento. Io li ho convocati e dopo vari tentativi abbiamo promosso una transazione. Siamo andati a giudizio: da tre milioni, il debito è sceso a due milioni e quattro: oggi mancano poche centinaia di migliaia di euro da pagare».

Cosa ci dice sul risarcimento chiesto alla parrocchia dopo l’incidente avuto nel corso della festa patronale nel 2017?
«Ho chiamato a giudizio l’assicurazione della chiesa dopo due tentativi bonari. Ho deciso di ricorrere per le vie legali affinché sia un giudice a stabilire se ho ragione o meno. Non ho citato né la chiesa né la curia. Sono devoto alla Madonna. Qualcuno, credo, abbia voluto strumentalizzare questo fatto».

Lei ultimamente ha investito molto sulla valorizzazione delle radici storiche della città. In breve tempo ci sono stati prima la produzione di un testo su Luigi Riggio di Campofiorito e il suo palazzo, poi ha commissionato un inno alla Madonna della Catena.
«Si parla sempre di Aci Catena per fatti di cronaca, difficilmente la si trova nelle pagine di cultura. Su Palazzo Riggio devo fare una breve premessa. Quando nel 1997 conferì l’incarico del restauro del palazzo fui preso per pazzo perché per molti era soltanto un rudere. Aci Catena deve molto ai Riggio perché hanno dato uno splendore europeo a questa città. Io iniziai con il recupero della cappella, ma gli amministratori che sono venuti dopo hanno fatto degli interventi importanti che hanno permesso il rilancio della struttura. Con questa amministrazione si è reso il palazzo accessibile al pubblico. Abbiamo aperto la biblioteca. Adesso, anche attraverso un finanziamento del Gal delle Aci, siamo riusciti a progettare un percorso museale all’interno del Palazzo. Ultimamente abbiamo pubblicato un libro sui Riggio finanziato dalla Regione, Musumeci ha creduto nell’opera e l’ha finanziata. Abbiamo inaugurato diverse iniziative: dalla mostra fotografica donata alla scuola, nella frazione di Aci San Filippo, al busto di monsignor Bella. Dal fondo di riserva del sindaco sto facendo ristampare le sue memorie storiche, oggi introvabili, e stiamo riorganizzando il premio poetico dedicato al poeta Francesco Guglielmino». 

E l’inno alla Madonna pagato dal Comune?
«Non è un inno, quello esiste già. Ho voluto far scrivere e cantare una canzone in dialetto sul miracolo della Madonna nel terremoto del 1693: è una poesia d’amore cantata. Mi contestano? Quando si spendono soldi su queste iniziative sono soldi ben spesi e benedetti. Ricordo a chi l’ha contestata che anni fa si spendevano tanti soldi per futili iniziative e nessuno diceva nulla. Oggi investiamo sulla valorizzazione del culto alla patrona della città, davanti a cui ogni critica che arriva è futile».

Ad Aci Catena lei non è l’unico a preparare la campagna elettorale.
«È giusto, è un loro diritto sacrosanto. Per quanto mi riguarda tenterò di riproporre la coalizione uscente e tenderò di allargarla con figure politiche locali di specchiata moralità; è un requisito essenziale che non abbiano altri interessi. Ma lo dico già da ora: non farò l’arca di Noè imbarcando tutti a ogni costo».

Si rimprovera qualcosa in questa sua esperienza? Cosa aggiungerà, qualora venisse rieletto?
«Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Credo, certamente, di aver commesso qualche errore. Solo chi non fa nulla non commette errori. Però, mi sento di poter dire di aver salvato il Comune dal fallimento e aver dato dignità etica e morale a una città che l’aveva persa: una città che era senz’anima e che sta tornando a essere l’Aci Catena normale. Non ho fatto miracoli, ho fatto solo il mio dovere. Adesso aspiro a essere un candidato sindaco unitario dell’area di centrodestra e civica. Sarò disponibile ad accogliere le idee e le intenzioni di tutti coloro che hanno a cuore Aci Catena».

Aggiornamento delle ore 11,32 del 18/01/2022  

Replica degli avvocati Francesco FIchera e Marcello Bonaventura, legali che assistono la parrocchia Maria ss della Catena:

Il sindaco Oliveri, rispondendo ad una specifica domanda sul risarcimento richiesto alla Parrocchia Maria SS. della Catena dopo l’incidente avuto nel corso della festa patronale nel 2017, dichiara: “Ho chiamato in giudizio l’assicurazione della chiesa dopo due tentativi bonari. Ho deciso di ricorrere per le vie legali affinché sia un giudice a stabilire se ho ragione o meno. Non ho citato né la chiesa né la curia. Sono devoto alla Madonna. Qualcuno, credo, abbia voluto strumentalizzare questo fatto”. La dichiarazione – scrivono gli avvocati – riporta circostanze non vere. Non è assolutamente vero che il sindaco Oliveri ha chiamato in giudizio l’assicurazione. Non è assolutamente vero che non è stata citata la chiesa. Ed infatti, con l’atto di citazione notificato l’11/10/2021 il sig. Oliveri Sebastiano ha citato in giudizio davanti al Tribunale di Catania solo ed esclusivamente la Parrocchia Maria SS. della Catena. Precisiamo che la Parrocchia con l’assistenza dei sottoscritti difensori, si è già regolarmente costituita in giudizio contestando integralmente la domanda risarcitoria del sig. Oliveri perché ritenuta del tutto infondata. La Parrocchia con la stessa memoria difensiva ha altresì chiamato in causa la propria compagnia di assicurazione.


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