Migranti, ancora in cento al Palaspedini Mancano le utenze nella nuova struttura

Avrebbero dovuto essere accolti in alcuni locali all’interno del porto e poi trasferiti nell’ex caserma dei carabinieri della compagnia di Fontanarossa, secondo il piano proposto dalla prefettura lo scorso 17 ottobre, ma nella struttura nel quartiere Zia Lisa mancano acqua e luce e per i 179 uomini e 19 donne che sono sbarcati questa mattina al porto di Catania si è ripiegato sul solito trasferimento in uno dei palazzetti sportivi della città. Hanno affrontato «un viaggio di cinque giorni», racconta Abei, ghanese. «Sono felice di essere arrivato qui», dice in inglese. Quando poi gli chiediamo se è in Italia che vuole rimanere, la risposta è positiva: «Yes, I hope, lo spero», afferma sorridendo.

Soccorsi ieri a largo di Lampedusa con due diverse operazioni, il nuovo gruppo di migranti è stato portato in banchina a bordo della nave Espero, dove hanno ricevuto i primi soccorsi. Annullato il piano precedentemente organizzato dalla questura, sono stati portati tutti al Palaspedini, nell’omonima piazza. A partire a bordo di alcuni autobus di linea dell’Amt, prima un gruppo ristretto che ha compreso le donne, poi, verso mezzogiorno, tutti gli altri. «C’è stata qualche difficoltà ad attivare i servizi, lei capisce che quando ci si deve insediare in un immobile c’è bisogno delle utenze – dichiara Rosaria Giuffré, dirigente dell’area Immigrazione della Prefettura di Catania – Ancor prima si deve mettere a punto l’impianto, adeguarlo, per poter poi utilizzarlo», spiega.

Tra le donne, dichiaratesi tutte somale, le prime ad essere accudite dalla macchina dei soccorsi, «sei o sette si sono dette in stato di gravidanza», riferisce un operatore della Croce rossa presente al porto. «Di due ne siamo certi, perché si vedeva la pancia, le altre chissà. Tutte sono state portate in ospedale, comunque», spiega. Anche altri uomini hanno avuto bisogno del ricovero in ospedale, circa sette persone. In un primo momento sono stati ipotizzati interventi di poco conto, ma dalla questura fanno sapere che uno di loro ha problemi di scabbia ed «è stato ricoverato al reparto malattie infettive. Gli altri, compresi le donne, stanno tutti bene». Smistati tra il Garibaldi e il Vittorio Emanuele, rimarranno probabilmente in ospedale questa notte.

Prima di essere trasferiti è necessario che tutti vengano visitati e in qualche modo identificati, procedura che va avanti senza tensioni all’interno del porto. Tutti sono seduti a terra, scalzi, in attesa di un cenno per avvicinarsi alle tende della Croce rossa che opera insieme con gli uomini del ministero degli Interni (soprattutto medici), l’Asp e la Misericordia del porto.

Intanto vengono distribuiti loro biscotti, merendine, acqua e succhi di frutta. «It’s good, è buono», dice uno di loro mostrandoci il biscotto che ha in mano. Riusciamo a parlargli attraverso le transenne che ci separano, solo per pochi minuti. Ma anche da queste poche parole è chiaro che sono felici di avere toccato terra. «I’m feeling happy, very happy to stay here now, sono davvero felice di essere qui adesso». Vengono chiamati a gruppi di quattro per le prime visite mediche. «In linea generale sono in condizioni di salute accettabili, di certo non c’è nessun pericolo per l’incolumità pubblica», afferma uno dei medici presenti. Tra gli uomini delle forze dell’ordine però, sottovoce, non si nasconde un po’ di timore nell’affrontare tali situazioni. «Viaggiano in condizioni pessime, altre volte erano malati, qualcuno aveva anche la scabbia e non siamo mai del tutto tranquilli», ammette uno di loro.

Nell’attesa, a parlare con i migranti c’è Alessio Fasulo di Save the children. È un consulente legale coinvolto nel progetto Praesidium. Finanziato dalla Commissione Europea e dal ministero dell’Interno, il programma è realizzato in partnership con Unhcr, l’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, Croce Rossa Italiana e Save the Children con lo scopo di «rispondere in modo tempestivo alle necessità dei migranti irregolari che sbarcano sull’isola di Lampedusa e sulle coste della Sicilia», si legge sulla scheda del progetto. «Gli ho spiegato quali sono le leggi italiane, quali le loro possibilità e cosa sta accadendo», dice Fasulo. Nessun bambino tra i migranti arrivati, «ma qualcuno si è dichiarato minorenne», continua.

Dopo le visite e l’assegnazione di un numero identificativo è il momento di lasciare il porto per il Palaspedini. Qui è in corso la cosiddetta intervista, ovvero la schedatura con foto segnalazione, impronte e compilazione di una scheda anagrafica. Nessuno – a differenza di quanto accaduto nei precedenti sbarchi, con i siriani irremovibili nel non volersi sottoporre agli accertamenti – sembra stia rifiutando l’identificazione.


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