Piazza Tricolore tra pericolo crollo e traffico «Le transenne? I catanesi le scavalcano»

Per arrivare in piazza Tricolore bisogna percorrere una piccola porzione di lungomare, allontanandosi in direzione Ognina dal centro città, fino a quando le corsie stradali si allargano pur non velocizzandone la percorrenza, considerata la fila di semafori che le tagliano perpendicolarmente. Una volta raggiunta la zona, poi, il Monumento ai caduti che la precede domina la parte destra dello sguardo, che invece si aspetterebbe di vedere il mare. Il mausoleo è frequentato da ragazzi con lo skateboard, i pattini a rotelle e la bicicletta, e i graffiti in pieno stile metropolitano che ne dipingono i muri fanno impallidire il verde. Alcuni stazionano anche, ma sono ragazzini che si perdono nei cunicoli della struttura di fronte al recente Burger King, e la piazza è soprattutto un punto di passaggio per appassionati di sport all’aperto, che preferiscono però fermare le scarpette da corsa nella successiva piazza Nettuno.

La scogliera del Caìto, nata nel 1669 dopo la leggendaria eruzione lavica dell’Etna che spazzò via interi centri cittadini, per i catanesi è uno dei tanti lucernari sul mare. Una finestra però feconda di cartelli, transenne e ruggine che delimita la parte da cui tenersi a debita distanza a causa del pericolo di crollo. L’area centrale dello slargo è presieduta da tre giostre tinte di vari colori, quelli che attirano i bambini e impongono ai loro genitori una sosta quasi obbligatoria. I gestori, catanesi, dicono che da quando c’è la crisi economica le cose non vanno molto bene, ma hanno comunque assunto un nuovo dipendente, di origine pakistana.

L’unico lato fruibile della piazza è occupato da due grandi furgoncini dei panini, entrambi di proprietà della storica panineria Na’ Za’ Rosa. La gestione dell’attività è a carattere familiare: «Siamo qui da quasi quarant’anni, prima ci lavorava anche mio padre», racconta il proprietario. Qualche ora prima di cena i suoi dipendenti, pochi dei quali superano i trent’anni, riempiono la parte antistante i camioncini di tavoli e sedie di plastica bianca o verde, per i quali i clienti fanno a gara, una volta ordinato il panino e ottenuta la tovaglietta in carta. «Alcuni ragazzi scavalcano la ringhiera e si mettono a mangiare proprio sulla scogliera, che però è pericolante. Lì spesso lasciano le cartacce e le lattina che noi, a fine serata, cerchiamo di recuperare». Il commento del proprietario potrebbe anche passare inosservato, se non fosse che la parte in questione, così come il lato sinistro della piazza Tricolore, fino ad una distanza di 50 metri dal mare, è stata interdetta all’accesso per pericolo di crollo da diverse ordinanze della Capitaneria di porto.

Il lungomare è stato costruito negli anni Sessanta su pannelli di lava solidificata, sopra i quali erano stati sistemati i solai. La parte sottostante era caratterizzata da materiale di riporto che le mareggiate, con il tempo e con il loro vigore, avevano portato via, svuotando la base della piazza. «Fino a due o tre anni fa avevamo i furgoncini nella parte a rischio, poi ci hanno spostato – continua il proprietario del camioncino – La gente però continua a fregarsene del divieto e ci va nonostante le ordinanze del Comune e una voragine aperta nel pavimento». Inutili sembrano essere anche i molti cartelli triangolari che tentano di segnalare il pericolo ai cittadini, intenti a trascorrere qualche ora di fronte al mare con la canna da pesca alla mano o una sigaretta tra le labbra.

Sulla sinistra dello spiazzo si trova un altro storico tassello del quartiere nel cuore della II municipalità. Si tratta del venditore di dischi e musicassette, un uomo robusto e rugoso, che gestisce la bancarella con il fratello, dal 1998. Anno al quale risale anche la maggior parte del materiale musicale in grande esposizione. «Prima vendevamo le cassette – racconta, riferendosi ai cd – in piazza Europa ed alle fiere. Poi c’è stata la crisi della musica, ormai tutte le canzoni vengono scaricate da Internet e vendere è diventato più difficile». Ma subito tenta di giustificare la propria vena imprenditoriale aggiungendo: «Abbiamo, quindi, cercato di affiancare a questi prodotti una piccola bancarella di palloncini e magliette del Catania calcio, di cui si occupava mia moglie, ma c’è di nuovo crisi e non si vendono più nemmeno queste cose», marca con forte accento catanese la rabbia. Eliminate così le grucce per esporre le magliette a strisce rosse e blu, ha mantenuto l’espositore dei palloncini: «Almeno la gente non parcheggia le macchine davanti al furgoncino. Mettere due sedie in strada non basta, qua il parcheggio è un cancro, è selvaggio e a volte si trovano automobili pure sul marciapiedi». Disciplinate, specie nelle serate estive, da un apposito parcheggiatore abusivo. Il paninaro è dello stesso avviso, ma puntualizza: «Non penso che c’entrino qualcosa i nostri clienti. Qua viene solo gente tranquilla che non disturba nessuno, nemmeno con le macchine», per poi farfugliare qualche parola sull’esagerazione delle lamentale dei residenti. Gli stessi che, però, tra la fretta e la rassegnazione, preferiscono non aggiungere commenti sullo stato della zona.

La piazza si conserva tutto sommato in buono stato. Qualche mattonella del basolato divelta, qualche panchina vinta dalla ruggine, cartacce e lattine di routine tradiscono il menefreghismo dei suoi frequentatori e il lassismo dell’amministrazione comunale. «Gran parte di questa piazza la puliamo noi, ogni giorno, prima di iniziare a lavorare perché il Comune non manda nessuno. La verità è che Catania non ha i soldi e il tempo, almeno per quelle parti che non sono centrali», sbotta, grembiule sottobraccio, un dipendente della panineria ambulante. «Il problema non è il diverso trattamento che hanno aree centrali e quelle periferiche – risponde un barista dell’hotel sull’altro lato della strada – Catania potrebbe essere tutta più pulita, se si volesse».

[Foto di Giuseppe Russo]


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