Cittadini contro la vendita delle spiagge I manifestanti: «Un’idea di sviluppo distorta»

Uniti dal motto «L’ambiente non si vende, la spiaggia si difende» stamattina, sul litorale della Playa, un gruppo di cittadini si è riunito per esprimere il proprio dissenso all’emendamento alla legge di stabilità di alcuni senatori del Popolo delle libertà e del Partito democratico che prevede la vendita ai privati di tratti di costa di proprietà del demanio. I manifestanti – esponenti di diverse associazioni come l’Osservatorio per i diritti, il circolo Prc Olga Benario, l’associazione Isola delle Correnti e il comitato No Pua – hanno protestato contro la proposta di autorizzare lo Stato a cedere definitivamente i tratti già occupati da strutture turistiche, per un introito stimato intorno ai cinque-dieci miliardi di euro.

«Come al solito siamo sempre allo stesso punto. Si parla sempre di dare le coste ai privati, perché questo porterebbe ad una spiaggia più fruibile», afferma Anna Consoli, attivista di Legambiente Marzamemi. «Siamo qui per manifestare il nostro dissenso contro questa proposta di emendamento – prosegue – noi siamo per rendere libere e accessibili le spiagge anche a chi non si può permettere di pagare un lido». E in una città come Catania, sulle cui coste incombe la variante del piano urbanistico attuativo Catania sud, meglio conosciuta come Pua Vcs, la protesta assume un valore maggiore. «Dobbiamo evitare che passi questa idea di sviluppo vendendo i beni comuni – spiega Giolì Vindigni, portavoce del comitato No Pua – Le spiagge sono demanio pubblico, nella Costituzione è uno dei primi punti».

Alla base dell’emendamento proposto dai senatori Pd e Pdl, così come della variante etnea c’è «un’idea di sviluppo distorta; si pensa che occupare il suolo pubblico sia un’occasione di lavoro. Non è così». E, prosegue Vindigni, lo dimostra il successo delle aree naturalistiche: «Pensiamo a Vendicari o a Scopello, dove ci sono i maggiori incrementi turistici. Abbiamo bisogno di questo – sostiene – non di ulteriori alberghi, nuove costruzioni, nuovo cemento». A Catania la soluzione sarebbe assecondare la naturale vocazione del territorio: «La zona dove si pensa di realizzare il Pua è agricola e attiva – continua il portavoce del comitato – dove l’idea più naturale è pensare che vi sorgano degli agriturismi, in modo da conciliare sviluppo turistico e la salvaguardia del suolo. Che, una volta consumato, non può più tornare fruibile e importante per l’ecosistema».

Un pericolo estremamente combattuto anche in un altro lembo a rischio della Sicilia, l’isola delle Correnti, dove nei mesi scorsi è stata portata avanti una battaglia contro la costruzione di un lido di fronte alla piccola isola, dal 2003 tra i siti di interesse comunitario da preservare e dal 1991 destinata a riserva naturale. «Dobbiamo ridare dignità alle nostre coste e alle nostre spiagge – dice con forza Lorenza Mirone, operatrice turistica e membro dell’associazione isola delle Correnti – Potremmo vivere di turismo, stando con le braccia conserte perché abbiamo una risorsa enorme. Invece l’unica cosa che facciamo è distruggere e questo mi sembra uno dei più grossi delitti che l’uomo sta perpetrando nei confronti di questa nazione». A contribuire in maniera determinante allo stato delle cose ci pensa proprio chi dovrebbe difendere l’ambiente: «Ci scontriamo contro un muro, le nostre istituzioni, che intendono battere cassa in questo modo, svendendo la nostra terra».

Dopo l’estate, e una volta smantellato temporaneamente il lido della discordia, «all’isola delle Correnti sono tante le domande che ci siamo fatti, alle quali nessuno ha dato risposta – racconta Mirone – Com’è possibile che siano state date delle concessioni in un’area sottoposta a vincolo, una zona sic». Ma nonostante l’avvento del periodo invernale, «stiamo continuando la nostra battaglia», promette.


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