Cambio vita

La sublime sensazione di non capirci niente e comunque di infischiarsene, il dominio di eventi inesistenti, in balia degli elementi, tra docce fredde e caldi ambienti, la mia nuova vita in via provvisoriamente definitiva. Mi trovo annoiato ad una scrivania in attesa che il mio coinquilino mi raggiunga dopo due settimane di solitudine inespressiva. Fuori c’è il sole, ma fa freddo e, avendo perso il mio cappellino preferito tra i corridoi di un anonimo centro commerciale, un impertinente raffreddore mi costringe a camminare carico di fazzolettini.

 

Studio a Milano e vivo a Pavia, dopo 32 anni di Sicilia, salvo qualche parentesi dovuta ad innumerevoli viaggi, un nuovo stile di vita mi piomba addosso. Dopo anni mi sono deciso ad affrontare le forche caudine della Siss, Silsis nella variante lombarda, e mio malgrado mi sento bene, “I feel good” come direbbe James Brown.

 

Mio malgrado perché spesso è facile crogiolarsi nell’inevitabilità di un destino nefasto, nell’insistente tenacia dei luoghi comuni, nella ferocia dell’età che sopravanza e sopravanzando sclerotizza le nostre iniziative. Ho mentalmente percorso tutti questi sentieri della banale indolenza, e sono rimasto scioccato dall’imprevedibile soddisfazione e serenità cui sto andando incontro.

Tutto questo ottimismo potrebbe derivare dall’inopportuno raffreddore, penserete, però io ritengo che spesso ci rassegniamo a situazioni negative senza fare nulla per uscirne fuori.

 

In psicologia per questi casi si parla di impotenza appresa, un meccanismo che viene spiegato da un semplice (quanto perfido per le piccole cavie ndr) esperimento: si prendono due gruppi di topolini a cui si somministra una scarica elettrica di modesta ma fastidiosa entità; ad un gruppo, che chiameremo “di scampo” si offre la possibilità di evitare la scarica toccando una levetta nella gabbia, mentre al secondo gruppo, che chiameremo “degli sventurati”, non si dà nessuna possibilità di fuga. Dopo una serie di scariche si mettono i due gruppi in una nuova gabbietta, uguale per entrambi, in cui viene sempre somministrata la scarica ma si offre sempre una via di fuga, anche se differente da quella sperimentata in precedenza dal gruppo di scampo. Ora, mentre i topolini del gruppo di scampo al sopravvenire della scossa si ingegnano a trovare una modalità di fuga, il gruppo degli sventurati non trova niente di meglio che accucciarsi in attesa che “l’inevitabile” scossa termini.

 

Spesso ci comportiamo come i topini sventurati, e affrontiamo ogni nuova situazione nascondendoci, temendo di rimanerne scottati, perchè in molti casi precedenti la scottatura è stata l’unico risultato tangibile. Impariamo la rassegnazione e non riusciamo a prendere nessuna iniziativa, anche quando la soluzione al problema risulta ampiamente disponibile.

 

Si faccia dunque tabula rasa dei nostri pregiudizi, rievocando lo spirito distruttivo di Sir Francis Bacon per ridare linfa alla nostra vita altrimenti monotona. Distruggere per rifondare, dissacrare per ripartire, fare piazza pulita per costruire. Non è semplice, sicuramente, ma certe volte tra il dire e il fare c’è solo uno stretto, sempre di mare, tuttavia attraversabile con un piccolo sforzo.

 

Tutto scorre, “Panta rei” diceva Eraclito, a dispetto delle nostre convinzioni di unicità e stabilità dell’io, tutto attorno a noi evoca cambiamento, noi stessi cambiamo in ogni istante del nostro tempo.

Con tutto ciò io non voglio fare un’apologia della flessibilità nel mondo del lavoro, me ne guardo abbondantemente, piuttosto cerco di scuotere la nostra volontà affinché non rimaniamo fossilizzati in posizioni di inutile e improduttiva attesa, invito a rischiare qualcosa a discapito delle zoppe certezze che ci trasciniamo dietro, a liberarci da queste rassicuranti zavorre che sembrano tenerci per terra, ma che in realtà ci fanno sprofondare sempre di più.


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