Vacanze: i lettori raccontano…

1. La lunga strada verso l’Occidente

 

Tornavo in Italia da un paese “extraeuropeo”, il mio paese. A Bucarest il tempo era brutto, nevicava e c’era vento. Dalle finestre dell’aeroporto guardavo fuori, con il pensiero che il giorno dopo poteva essere peggio. Però tutto procedeva bene, non c’erano ritardi. L’aereo che veniva da Roma ha ritardato invece più di un’ora, e così siamo partiti con lo stesso ritardo. L’Alitalia ci ha annunciato che saremo aspettati e aiutati dal loro personale romano per arrivare in tempo alle rispettive porte nel caso in cui abbiamo collegamenti per altri destinazioni. Sono stati aspettati solo quelli che andavano a Madrid. Niente di male, noi quelli per Catania il tempo ce l’avevamo, abbastanza.
Ma la nostra avventura stava per iniziare. Una volta percorsa la lunga distanza che ci separava dalla porta assegnata, ci siamo messi poi pian piano in fila, essendo stati chiamati per l’imbarco. Sono passati dei lunghi minuti e … non succedeva niente. A parte il fatto che negli altoparlanti si sentivano sempre gli annunci di spostamenti dei passeggeri per voli diversi da una porta all’altra. E di nuovo altri e poi altri cambiamenti. Hanno cambiato anche l’uscita per Catania. Per fortuna, vicino. Sullo schermo della nuova gate c’era scritto “Napoli”… Abbiamo fatto un’altra fila, pieni di speranza. La gente cominciava a fare commenti, a scherzare. Un signore è arrivato stanchissimo, tutto rosso e sudato – era salito in un aereo che partiva per una grande città del nord; solo che il suo posto era occupato e allora, dopo discussioni con il personale di bordo, si sono accorti che aveva sbagliato aereo. Ma come mai controllando la sua carta d’imbarco nessuno aveva visto niente?
I nostri spostamenti non erano ancora finiti. Questa volta, abbiamo dovuto percorrere una lunga distanza, prendere l’ascensore, portare in giro le nostre valigette… Ormai non parlavamo più, per la paura di non sentire nuovi annunci.
Alla fine hanno cominciato l’imbarco. Quando l’autobus si è riempito, siamo partiti nelle ricerca del nostro aereo. Perché è stata una vera e propria ricerca: l’autobus girava e rigirava e… non trovava l’aereo giusto. Si fermava qualche volta, tutti sospiravamo: l’ha trovato! Però, le porte del bus non si aprivano e l’autista decideva di continuare la strada. E di nuovo girava, e si fermava, e ripartiva. I miei compagni di avventura scherzavano: ”Ci portano col pullman a Catania!”. Risate e commenti. Devo dire che mi sono divertita molto. I siciliani sono veramente speciali. Nessuno si è arrabbiato o comunque non l’ha fatto capire. Dopo questo viaggio strano, il nostro bus è tornato all’uscita d’imbarco. Non capivamo niente, nessuno ci diceva niente. Qualcuno, un signore molto serio che guardava spesso l’orologio, ha detto: ”Figuriamoci cosa poteva succedere se si trattava di un volo per Milano. Ma siccome noi siamo siciliani..” Questa affermazione mi ha fatto pensare molto. Sarà più giusto prendere le cose come vengono, scherzando e ridendo? Oppure è meglio arrabbiarsi, protestare e chiedere spiegazioni?
C’erano delle voci che dicevano che il nostro aereo era rimasto senza carburante. Sembrava un’altro scherzo. Un giovane ha detto: “Meno male che non se ne sono accorti a metà strada!”
Ci hanno fatto risalire sull’autobus. Nuovi giri e… finalmente sul bramato aereo. Era molto tardi. Tutti telefonavamo ai cari che ci aspettavano a Catania. Il comandante si è scusato dicendo che era colpa del brutto tempo – in realtà pioveva molto piano, non c’era neppure il vento, niente a che vedere con le condizioni meteorologiche di Bucarest. Un’assistente di volo (o forse il loro capo) ci ha raccontato come prima di cominciare l’imbarco hanno capito che la cisterna che doveva riempire di carburante se n’era andata via a metà del lavoro da fare e aveva lasciato l’aereo con una quantità insufficiente. Non capivano neanche loro perché.
Tutto sembrava uno scherzo continuo, infinito. Altre risate, altri commenti… Ho sentito pienamente la simpatia dei siciliani, il loro cuore caldo. Ero serena e stavo bene insieme a loro.
Il comandante ci ha annunciato che dovremo ritardare ancora 35 minuti per motivi di traffico agglomerato. Abbiamo aspettato. Quando si è mosso l’aereo, ci sembrava un miracolo. Ma la fila davanti a noi era molto lunga…
Finalmente, abbiamo decollato.
A Catania, ho dovuto ricordarmi che sono una “extracomunitaria”; c’è una pista per i bagagli degli europei e tutt’un’altra per quelli degli extraeuropei, in un’altra sala. Le nostre valigie sono arrivate con ritardo, tanto eravamo 3-4 persone.
Per tutta la sera ho continuato a farmi domande rispetto a questa discriminazione. Se è così la civiltà occidentale verso la quale noi europei dell’Est marciamo, non sarebbe meglio restare “fuori Europa”, cioè lì dove siamo? I nostri aeroporti funzionano molto meglio…
Magari è stato solo un venerdì strano. Qualcuno diceva che la colpa è dell’Alitalia perché ha personale insufficiente. Ed io, nello spirito della serata, pensavo che il mio paese, che è stato da sempre in Europa, in mezzo alla sua storia, come partecipante attivo e importante, in mezzo alla sua vita economica, sociale e culturale, non dovrebbe richiedere l’entrata nell’Unione Europea, ma il suo ingresso immediato nel Mondo Siciliano.

(LUMINIZA ELENA BOTEZ)

 

 

2. Alle terme di Sciacca…

Mi trovavo alle terme di Sciacca assieme alla mia migliore amica, Carla, per effettuare dei trattamenti termali. Stavamo facendo l’aerosol in una stanzone con decine di persone, quando mi venne una “brillante” idea: fare uno scherzo a Carla rubandole la borsa che era appesa assieme a quelle delle altre signore. Mentre lei continuava l’aerosol, sono passata fischiettando accanto l’appendino, e mi sono impossessata della graziosa borsetta in pelle color beige. Quindi, sono corsa sghignazzando per le scale e mi sono nascosta, aspettando la mia “vittima”. Dopo qualche minuto lei arriva ed io sbuco fuori dal nascondiglio gridando “Booh!!!”…ma noto qualcosa di strano: Carla aveva in mano la borsa. La guardo preoccupata ed esclamo: “Carla, quella borsa??!!…” – e lei -:”E’la mia!, perchè?” – ed io, mostrandole quella che avevo in mano -:” Ma se quella è la tua…DI CHI E’ QUESTA??!!!!”. Insomma, avevo fregato la borsa di un’altra signora, che magari si era pure vista tutta la scena! Così siamo andate a restituirla con mille scuse e ci siamo fatte altrettante risate!
(Giada)

 

3. Stazione di Goterborg…

beh, stazione di Goteborg, ore 3.30 del mattino. io ed altri due sfigati nella fase finale del nostro viaggio ci ritroviamo a dover aspettare il treno delle 7.45 che ci avrebbe portato ad Amburgo. La security concede a noi ed un altro tizio di dormire nelle panchine della stazione.
il tizio era scuro di carnagione e portava dei baffetti neri. ci chiese se poteva condividere con noi un pleid e noi accettamo.
parlando, ci disse che era pakistano e dalla Germania sarebbe partito per gli Stati Uniti. Io, forse azzardatamente, gli chiesi:”vai negli Usa per vacanza?” e lui “no”.

Ed io ancora “per lavoro?” e lui “no”.

dopo qualche minuto di silenzio ed un respiro profondo disse “for business”.

era la notte del 25 Agosto 2001, solo pochi giorni prima del 11 Settembre 2001…

(Riccardo Marra)

 

 

4. Norwich, Uk, Agosto 2003
Io e Angela siamo in città da 24 ore. Decidiamo di uscire la sera e andare a River Sade che, dicono, è il luogo in cui si vive la notte di questa cittadina inglese.
Prendiamo l’autobus, siamo in 3, noi più l’autista. River Sade è vicino alla stazione, ci conviene scendere lì vicino. Così quando la stazione appare dai finestrini dell’ autobus, ci prepariamo per scendere. Ma l’autobus non si ferma. Chiediamo nel nostro almost perfect english dov’è la fermata al busdriver… “Castle Hall” (3 km di distanza dalla stazione!) risponde lui… “Cooooome??? Non c’è un fermata più vicina??”  e lui: “NOOOO!!!! NEXT STOP, CASTLE HALL!!” (il maiuscolo per dire che tipo ha gridato…ndA) “Ma perché si arrabbia? Non può farci scendere prima?” e lui ancora “NOOOOOOOOOOO, I DON’T STOP HERE, NO. NEXT STOP CASTLE HALL, I DON’T STOP HERE (no, non mi fermo, prossima fermata castle hall)” . Io lo prendo per matto e mi allontano un po’ spaventata, mentre Angela continua ancora un po’ la diatriba e lui ancora ad urlare tutto il tempo, infervorato e sudato “I DDDOOOON’T STOOOOOOOOP  HERE!”. Ci rassegnamo. Qualche minuto dopo siamo a Castle Hall, scendiamo non senza l’educatissimo (ed inglesissimo) bye dovuto ad ogni autista, anche se matto.
Mentre aspettiamo un altro autobus che ci porti a destinazione riflettiamo sulla proverbiale “calma inglese”: sono state sufficienti 24 ore per capire che è solo una preconcetto da turista…

(Silvia)

 

 

 


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