Rifiuti, turisti «sconvolti» durante l’emergenza La titolare del b&b: «Grave danno d’immagine»

«Una città civile non può permettersi che accada quanto avvenuto nei giorni scorsi, quindi dobbiamo voltare pagina subito». È un annuncio perentorio quello del sindaco di Catania Enzo Bianco dopo lo sciopero dei dipendenti Ipi-Oikos, il consorzio di aziende che si occupa della raccolta dei rifiuti. E i cui lavoratori, a causa di un ritardo di qualche giorno nei pagamenti, hanno rallentato il lavoro in città, causando un accumulo di 1500 tonnellate di spazzatura. In periferia e, soprattutto, in centro. Dove si sono verificati casi in cui la munnizza arrivava fino al primo piano delle abitazioni. «È intollerabile che i privati tengano in scacco in questo modo una città intera», replica Carlotta Belviso, titolare di un bed and breakfast in via Calatafimi. È lei che nei giorni dello sciopero ha affidato a uno sfogo su Facebook la sua frustrazione. Ottenendo una risposta dal primo cittadino proprio sui social network: «C’è stato uno sciopero in questi giorni. Hanno sospeso o ritardato la raccolta dei rifiuti. La situazione si sta lentamente normalizzando». 

«Che avrei dovuto rispondergli? – domanda Belviso – Che mentre la situazione si normalizzava i turisti arrivavano sconvolti?». «Lo sciopero è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma sui rifiuti, almeno nella mia zona, di problemi ce ne sono tanti», continua l’imprenditrice. Lei ha aperto la sua attività poco più di un anno fa, aprendo ai turisti un paio delle stanze dell’appartamento in cui vive. «Dico sempre che il mio lavoro va bene, ma potrebbe andare meglio. Perché la gente, quando viene da me, mi dice sempre la stessa cosa: “Catania è bellissima, ma è sporca“. Anche quando l’emergenza rifiuti non c’è». E sebbene non si tratti di tonnellate di spazzatura che invadono i marciapiedi del centro storico, «si parla di tante cose. In una città come Catania si può accettare di avere ancora i cassonetti in mezzo alla strada?».

A questo si aggiunge che di contenitori per la raccolta dei rifiuti non ce ne sarebbero neanche abbastanza. «Prima, in via Gorizia, c’erano almeno altri tre spazi dove buttare la spazzatura. A poco a poco sono stati rimossi e ne sono rimasti solo un gruppo, quello che si vede nella foto. Sono messi davanti al portone di una palazzina. In estate la puzza è diventata piuttosto fastidiosa – continua Carlotta Belviso – Così ho cominciato a telefonare in Comune per chiedere che venisse individuata una posizione più consona a quei cassonetti. Di posti più adeguati perché più lontani dalle abitazioni ce ne sono, anche nella stessa via. Ma le risposte sono sempre state del tenore di “Non si può fare niente“». 

La colpa del cattivo odore, comunque, non sarebbe da imputare ai netturbini: «Loro erano puntualissimi e ogni giorno la strada veniva pulita. Ma se la gente va a gettare i suoi sacchetti già alle otto di mattina è difficile mantenere ordine e igiene». E di polizia ambientale a controllare e multare chi butta la spazzatura fuori orario, d’altro canto, «non s’è mai vista neanche l’ombra». Si vedono continuamente, invece, «persone che arrivano con l’Apecar e rovistano tra le buste, tirandole fuori dal cassonetto e lasciandole in mezzo alla strada. Un paio di volte ho provato a intervenire e sono stata cacciata malamente».

«Il post su Facebook che ho scritto durante lo sciopero ha ottenuto un enorme successo – conclude la titolare del b&b – Secondo me questo è un dato che fa riflettere». Perché lei, che si definisce «una sconosciuta», avrebbe dato voce «a un malessere generalizzato. La gente è evidentemente stanca di vivere in una città a cui basta qualche giorno di mancati stipendi per ritrovarsi in piena emergenza spazzatura. In quei giorni ai turisti che arrivavano chiedevo scusa ancora prima di farmi dare i documenti. Ero mortificata. E avrebbe dovuto esserlo l’amministrazione comunale, avrebbero dovuto essere loro a scusarsi». Invece è toccato a lei. «Poche ore dopo il mio sfogo online, sono arrivati due camion a portare via la munnizza. Voglio credere che si sia trattato di un caso. Perché sarebbe triste scoprire che i cittadini vengono ascoltati solo quando denunciano qualcosa sui social network».


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