UniCt, accolto ricorso del nuovo direttore generale Saltano nuovi colloqui, resta Candeloro Bellantoni

I nuovi colloqui non s’hanno da fare e Candeloro Bellantoni può rimanere al suo posto. Si apre così un altro capitolo, l’ennesimo, dell’annosa questione relativa al posto da direttore generale all’università di Catania. Ancora una volta, il convitato – neanche troppo di pietra – della vicenda è Lucio Maggio, ex dg di UniCt ed ex braccio destro dell’ex rettore Antontino Recca. Rimosso dal suo incarico dal precedente rettore Giacomo Pignataro e protagonista di una battaglia legale senza esclusione di colpi. Sia sul piano amministrativo sia su quello penale. Dopo il decadimento di Pignataro, la sua scelta di non ricandidarsi e la successiva elezione dell’attuale Magnifico Francesco Basile, si era pensato che i conflitti del passato potessero rimanere indietro. 

Per rimarcare questo indirizzo, Basile aveva scelto di non riconfermare Federico Portoghese, che aveva ri-preso il posto di Maggio sotto Pignataro e che non aveva risparmiato esposti in procura sul lavoro svolto dal suo omologo. Così arriviamo all’inizio dell’estate del 2017 e alla nomina dell’ex dirigente di Milano-Bicocca: un personaggio super partes nel segno dell’innovazione. Il 20 luglio 2017 una nuova doccia fredda: il Tar accoglie un nuovo ricorso di Lucio Maggio, che non era stato ammesso alla procedura di selezione pubblica, e l’obbligo imposto dal tribunale amministrativo regionale di ripetere i colloqui, compreso quello di Bellantoni. Colpa di «difetti di motivazione» nell’esclusione di Maggio dalla partecipazione alle valutazioni, avevano scritto i giudici.

Ma non solo. L’ordinanza che il Tar aveva emesso a luglio si basava anche su un altro elemento: la definizione della giurisdizione. In termini più semplici: quali sono i giudici che possono, per competenza, decidere a proposito della nomina del direttore generale dell’università? I giudici dei tribunali amministrativi o quelli dei tribunali del Lavoro? Domanda per dirimere la quale è stata chiamata in causa anche la Corte di Cassazione. Un ricorso che il collegio del Tribunale amministrativo regionale ritiene «manifestamente infondato», tanto da decidere di esprimersi anche senza che il parere degli ermellini fosse ancora arrivato. Nell’attesa, diceva il Tar, meglio rifare i colloqui e portarsi avanti col lavoro.

«Accettiamo serenamente la decisione della giustizia amministrativa – aveva sottolineato il rettore Basile nel corso della conferenza in cui tracciava un bilancio dei suoi primi cinque mesi di mandato – che ha dimostrato di tenere in conto l’esigenza dell’università di mantenere una direzione stabile. Rifaremo dunque il colloquio come ci è stato ordinato e valuteremo di conseguenza». Era luglio, l’appuntamento era stato fissato per il 18 settembre e nei mesi Bellantoni era rimasto al suo posto, al Palazzo centrale di piazza Università. Ma non con le mani in mano: aveva presentato un ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa, organismo superiore al Tar. A cinque giorni dal bis di colloqui, è arrivata la nuova ordinanza.

Il Cga, due giorni fa, ha rovesciato il pronunciamento precedente stabilendo, in prima battuta, che la questione della giurisdizione, in realtà, potrebbe avere un fondamento. E poi che «non sussistono ragionevoli esigenze cautelari» e che quindi non è necessario ricominciare la procedura da capo. Nei fatti, negli uffici di UniCt cambierà ben poco: solo che la commissione giudicatrice non dovrà riunirsi di nuovo per rivedere i candidati tra i quali era stato scelto e il posto di Bellantoni – avvocato, 57 anni, laureato a Messina e dal 1999 al 2017 parte integrante dello sviluppo dell’università Milano-Bicocca – è un po’ più saldo nelle sue mani. Ma i colpi di scena a cui il popolo dell’ateneo è abituato ormai dal 2014 potrebbero non mancare. E continuare ad animare una vicenda che sembra fatta apposta per appassionare gli amministrativisti

«Per usare termini calcistici, la partita non è ancora cominciata», afferma Rocco Todero, legale (insieme al collega Concetto Ferrarotto) di Lucio Maggio. Perché, per continuare con la metafora sportiva, bisogna individuare «preliminarmente il campo sul quale giocarla». Cioè, come detto, il tribunale del Lavoro o quello amministrativo. «Si tratta – prosegue Todero – di una mera battuta di arresto di carattere processuale, del cammino di Maggio verso una decisione di giustizia che verosimilmente slitterà all’anno prossimo». Cioè quando le Sezioni unite della Cassazione potrebbero pronunciarsi sulla corretta giurisdizione di questa storia.


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