Rocco Biancoviso e gli affari di Cosa nostra a Scordia Pentito: «Curava le infiltrazioni nell’economia legale»

«A Scordia? Secondo me è ancora attivo Rocco Biancoviso», parola del collaboratore di giustizia Rosario Di Pietro. Nella città patria delle arance, poco più di 15mila abitanti a cavallo tra le province di Catania e Siracusa, il clima nelle ultime settimane si è fatto sempre più pesante. Tra piazza Regina Margherita, via Trabia, sede del municipio violato, e piazza Umberto tutti parlano di Rocco Biancoviso. Allevatore, imprenditore, portavoce della rivolta contro i chioschi e, secondo la procura di Catania, uomo di assoluta fiducia della famiglia catanese di Cosa nostra nel centro agrumicolo. A Scordia, già prima del suo arresto nell’ambito dell’operazione antimafia Chaos 2, il suo era un volto noto perché gestore di un pub. Il primo cittadino Franco Barchitta è stato chiaro: «Mi aveva telefonato una settimana prima del suo arresto». Oggetto della discussione? «La legalità». Sì, perché a Scordia pare che Biancoviso fosse abbastanza attivo nel segnalare l’abusivismo dei chioschi. Grazie a un’associazione di settore di cui era diventato il portavoce.

Biancoviso? Con lui ho parlato di legalità 

Un insospettabile? No, almeno per l’imprenditore del posto che, all’inizio del 2017, lo ha contattato dopo avere vinto il sub-appalto per la fibra ottica a Catania. «Mi sono rivolto a Biancoviso – raccontava agli investigatori – perché da sempre è risaputo a Scordia che è legato agli Ercolano». Stabilito il primo contatto, secondo le carte dell’inchiesta Chaos 2, proprio a Scordia si sarebbe tenuto un incontro per indirizzare le ditte vincitrici del sub-appalto verso il cementificio Conti di Misterbianco, ora sotto sequestro. Ditta, quest’ultima, che dietro le quinte avrebbe avuto la regia occulta di Antonio Tomaselli, attualmente in carcere perché ritenuto l’ultimo reggente della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Il faccia a faccia decisivo, stando alla ricostruzione degli inquirenti, si sarebbe tenuto all’interno dell’ufficio contabile di un supermercato, poco dopo l’orario di chiusura al pubblico. 

Secondo la ricostruzione del collaboratore di giustizia originario di Scordia, Biancoviso si sarebbe avvicinato all’ambiente mafioso già da tempo. «Almeno dal 2007», racconta Di Pietro ai magistrati etnei in un verbale ricco di parti omissate. L’imprenditore è finito dietro le sbarre perché, secondo l’accusa, «operava come referente nel territorio di Scordia con il compito di gestire le estorsioni e i taglieggiamenti ai danni dei vari imprenditori impegnati nella realizzazione di opere pubbliche e lavori in genere e di curare le infiltrazioni nell’economia legale». Un presunto ruolo che si sarebbe ritagliato negli anni, nonostante qualche momento di forte tensione. Culminato in un summit, risalente al 2015, che avrebbe seduto attorno allo stesso tavolo personaggi del calibro di Francesco Santapaola, accusato di essere reggente di Cosa nostra prima di Tomaselli, Francesco Pinto, ritenuto il capo nel quartiere Civita, e Vito Romeo: «La riunione era stata convocata per alcune questioni relative alle estorsioni ed erano stati esplosi alcuni colpi di pistola alla macchina di Biancoviso (non presente, ndr). L’incontro terminò con l’ordine di Tomaselli e Pinto di non toccare Biancoviso».

Operava come referente nel territorio di Scordia

Il nome dell’imprenditore, che a Scordia gestisce un pub, viene citato anche in relazione a un appalto per il Biviere di Lentini, in provincia di Siracusa. Secondo il pentito Di Pietro, Biancoviso si sarebbe occupato di «mettere degli escavatori». Una vicenda poco chiara in cui il collaboratore di giustizia si sarebbe occupato di tentare di regolamentare la messa a posto. In un territorio storicamente legato a doppio filo tra i Santapaola e gli alleati del clan Nardo. Ma il vero punto di riferimento dell’imprenditore sarebbe stato Mario Ercolano: «Biancoviso si vantava di versare una somma mensile di 5000 euro al mese destinati soltanto a lui e di accompagnare direttamente la famiglia ai colloqui». Vicinanza che, secondo Di Pietro, si sarebbe manifestata anche quando la famiglia mafiosa di Caltagirone avrebbe preteso da Biancoviso delle somme di denaro. Richieste che però vennero rispedite al mittente: «In accordo con Marco Leonardo (consigliere comunale ucciso a Palagonia, ndr), rivolgendosi a Ercolano». 

A Scordia intanto bisogna fare i conti anche con l’intrusione notturna all’interno del municipio di via Trabia. Evento verificatosi un giorno dopo dopo la pubblicazione di una nota, sollecitata da più parti politiche, con la quale l’amministrazione annuncia di volersi costituire parte civile in un eventuale processo


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