L'operazione antimafia era scattata nell'ottobre 2008: si chiamava come il celebre disco dei Pink floyd perché eroina, cocaina, hashish e marijuana venivano nascosti tra le pietre dei muretti a secco del territorio biancavillese. La donna, 43 anni, era compagna di Carmelo Vercoco, ritenuto elemento di spicco della cosca
Biancavilla, quattro anni per Grazia Muscia Il traffico di droga e il ruolo nel blitz The wall
Manette ai polsi per Grazia Lucia Muscia, 43 anni, arrestata dai carabinieri della stazione di Biancavilla. Sono loro che, nella tarda mattina di ieri, hanno eseguito un ordine di carcerazione emesso dal tribunale di Catania. La 43enne biancavillese dovrà scontare una pena residua di quattro anni e due mesi di reclusione, poiché riconosciuta colpevole del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. La donna è stata arrestata nell’ottobre 2008, nell’ambito dell’operazione antimafia The wall. Carabinieri di Paternò e poliziotti del commissariato di Adrano, insieme, avevano arrestato 22 persone ritenute collegate al vecchio clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello. In tutto, cinque erano le donne, tra le quali Muscia.
Le donne del clan facevano, secondo gli investigatori, le corriere, le segretarie, le custodi degli stupefacenti. Oppure fornivano supporto logistico ai compagni. Dal 2003 al 2007, secondo gli inquirenti, Grazia Lucia Muscia aveva assunto un ruolo diverso, di maggiore rilievo. Almeno in base all’interpretazione delle intercettazioni dei dialoghi con il compagno, Carmelo Vercoco, ritenuto elemento di grande spessore nella cosca e attualmente detenuto poiché arresto nell’ambito dell’operazione antiestorsione Reset, realizzata ad aprile 2017. In quel caso, oggetto del racket era un’agenzia di pompe funebri di Biancavilla.
Per le forze dell’ordine, la donna non sarebbe stata solo la confidente del suo compagno, ma sarebbe stata una vera e propria socia in affari, con un ruolo attivo e con una procura speciale a trattare in suo nome. L’operazione fu chiamata The wall, il muro, perché i componenti del clan utilizzarono i muretti a secco della zona di Biancavilla per occultare tra una pietra e l’altra la droga: eroina, cocaina, hashish e marijuana, da vendere ai pusher operanti sul territorio.