Dissesto, è il momento del caos dopo la sentenza L’«impegno» di Musumeci e i pensieri di Pogliese

«Sindaco, come sta?». «Eh, tanti pensieri». Salvo Pogliese è in Cattedrale alla messa per la Comunità di Sant’Egidio, celebrata dall’arcivescovo in persona. Attorno a lui, nelle prime due file del Duomo, ci sono uno stuolo di politici notissimi: dal leader di Sicilia futura Nicola D’Agostino all’ex vicesindaco Marco Consoli, passando per gli assessori Giuseppe Lombardo e Barbara Mirabella, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione e l’ex soprintendente ai Beni culturali Gesualdo Campo. Il sindaco, finita la celebrazione, stringe mani (compresa quella dell’ex avversario e stasera padrone di casa Emiliano Abramo) e si avvia all’uscita, per andare allo stadio a vedere il derby Catania-Siracusa. I cittadini lo fermano e lui alle domande risponde: «Tanti pensieri», appunto. Perché nel pomeriggio di oggi è arrivato il decreto delle sezioni riunite della Corte dei conti di Roma: il Comune di Catania è in dissesto. La barca affonda, come nessuno voleva aspettarsi.

La magistratura contabile ha scelto quindi, di non attendere che a Palazzo degli elefanti arrivassero gli aiuti di Stato, in discussione sul tavolo del governo. Perché vengano pubblicate le motivazioni passerà ancora un po’ di tempo, nel frattempo al Consiglio comunale l’assessorato regionale agli Enti locali dovrebbe inviare una nota per intimare la convocazione di una seduta per la deliberazione del dissesto. Questione di settimane, esattamente com’è stato per il Comune di Giarre che questa storia l’ha vista in estate. Per loro, però, non ci sono state le rassicurazioni del presidente della Regione Nello Musumeci. Si racconta che durante la messa in Duomo il cellulare del sindaco squillasse in continuazione per le chiamate dello stesso governatore, dell’assessore alla Sanità Ruggero Razza (tra i principali sponsor di Pogliese al momento della scelta di candidarsi a primo cittadino) e dei giornalisti di mezza Sicilia.

Domani a Palermo Pogliese e Musumeci si incontreranno. Il numero uno di Palazzo d’Orleans, in una nota, ha dichiarato di volere ribadire «con maggiore forza l’impegno del governo regionale» nel supporto a Catania in questa «difficile stagione». Come questo impegno possa declinarsi lo aveva anticipato MeridioNews questa mattina: un’anticipazione sul contributo regionale (trenta milioni di euro, o giù di lì), perché nelle casse del municipio in questo momento non ci sono neanche i centesimi, gli stipendi di ottobre non sono stati pagati e le fatture delle aziende languono in attesa di essere evase. Venerdì pomeriggio, nell’aula consiliare di Palazzo degli elefanti, il sindaco e il vicesindaco Roberto Bonaccorsi dovrebbero incontrare i sindacati per spiegare i risvolti del decreto di oggi e ascoltare le posizioni di tutti. Una delle più complicate è certamente quella dei lavoratori delle cooperative sociali.

Tra le questioni aperte c’è anche quella relativa alle trattative col governo gialloverde, che adesso subiscono una battuta d’arresto: la situazione del capoluogo etneo diventa troppo diversa rispetto a quella di Comuni come Napoli e Torino, quindi come giustificare un’erogazione ancora più ad hoc di prima? E poi: a che pro? Il dissesto fotografa la situazione e la congela. L’organismo straordinario di liquidazione che sarà nominato dovrà gestire la massa passiva e ripianarla, mentre il Comune andrà avanti ripartendo da zero. Quello che è accaduto e che accadrà dovrebbe essere discusso nel corso del consiglio comunale straordinario che è stato convocato per il 13 novembre su richiesta del consigliere Salvo Di Salvo. Forse in quella occasione arriverà anche la chiarezza sul perché è inapplicabile la proposta di Lanfranco Zappalà, vicepresidente del Consiglio comunale e fedelissimo dell’ex primo cittadino Enzo Bianco: approvare un nuovo piano di riequilibrio pluriennale entro il 30 novembre, come previsto dall’emendamento Salva Catania al decreto Milleproroghe. Il sei volte consigliere dimentica, però, che quella norma riguarda i Comuni in pre-dissesto. A Catania, invece, il dissesto è conclamato. «Ha da passa’ a nuttata», direbbe Eduardo De Filippo.


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