Librino, lo scontro a fuoco tra i Cappello e i Cursoti In 24 ore pestaggi, ronde e la spedizione punitiva

Rancori e rivalità che affondano le radici nel passato e che sono tornate in superficie nel pieno dell’estate, su una rampa di viale Grimaldi, a Librino. Con proiettili sparati, sangue e i corpi senza vita di due persone rimasti sull’asfalto. Dietro il duplice omicidio dei giorni scorsi ci sarebbe lo scontro tra Cursoti Milanesi e Cappello. Ai primi appartengono le cinque persone fermate dalla procura di Catania, con l’accusa di essere gli ideatori e gli esecutori dell’agguato in cui hanno perso la vita Enzo Scalia e Luciano D’Alessandro: si tratta di Carmelo Di Stefano, 50 anni; Roberto Campisi, 50 anni; Santo Tricomi, 44 anni; Antonino Marco Sanfilippo, 23 anni; e Martino Carmelo Sanfilippo, di 26. L’udienza di convalida è iniziata questa mattina.

Per il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il pm Alessandro Sorrentino, Di Stefano sarebbe stato «l’ideatore e istigatore» del gruppo di fuoco che si è contrapposto al gruppo mafioso rivale. Tutto è iniziato poco prima delle 19,30 dell’8 agosto. Una chiamata ha indicato ai carabinieri l’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco in viale Grimaldi. All’arrivo sul posto i militari del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri hanno trovato quattro motocicli abbandonati e il cadavere di D’Alessandro. Insieme a lui uno dei feriti, Concetto Bertucci, colpito alla zona pelvica. Poco più in là, dopo una curva, c’era invece il corpo senza vita di Scalia, il giovane conosciuto con il nome di Enzo Negativa. Le tracce di sangue presenti hanno da subito fatto pensare che altre persone potessero essere rimaste ferite. L’ipotesi ha trovato conferma, dopo che dall’ospedale Garibaldi è giunta la segnalazione dell’arrivo di tre persone con ferite da armi da fuoco: tra loro Martino Carmelo Sanfilippo, uno dei fermati di oggi. 

Stando alla ricostruzione degli inquirenti e dei carabinieri del Reparto operativo, tutto sarebbe iniziato il giorno prima quando in un mini-market di via Armando Diaz si è consumato un pestaggio. Ad avere la peggio è stato il titolare, oltre a D’Alessandro e una terza persona poi rimasta ferita. In seguito all’aggressione il titolare avrebbe contattato esponenti di spicco dei Cappello per organizzare un’azione dimostrativa nei confronti di Carmelo Di Stefano. La stessa si è svolta poche ore prima dell’omicidio, quando un gruppo di circa venti persone a bordo di scooter si è radunato per andare nelle zone gestite dai Cursoti Milanesi e cercare Di Stefano: la ronda avrebbe interessato San Berillo Nuovo-San Leone, via Palermo, via Acquicella e viale Grimaldi.

Nel frattempo, però, il gruppo di Di Stefano – allertato delle intenzioni dei rivali – ha preparato un agguato proprio nella zona di Librino. Qui, al passaggio del gruppo, è stato aperto il fuoco che ha portato all’uccisione di D’Alessandro e Scalia. A colpire i due sarebbe stato proprio Martino Carmelo Sanfilippo, a sua volta rimasto ferito alla coscia.

I nomi dei fermati sono volti noti alla criminalità organizzata catanese. Di Stefano, Campisi e Tricomi, nel 2015, nel blitz che portò in carcere 27 persone, facendo luce sulle dinamiche che avevano interessato i Cursoti Milanesi tra il 2009 e il 2012. Dalle indagini era emerso come Di Stefano, dopo avere ottenuto i domiciliari per una presunta malattia che lo costringeva alla sedia a rotelle, era tornato a Catania da Bologna per fare la guerra ai Cappello per i dissidi sorti sulla gestione di un’estorsione ai danni di un imprenditore edile. Di Stefano, che venne arrestato a Mascali nel 2009 mentre era alla guida di una Bmw, è figlio di Gaetano Di Stefano, conosciuto negli ambienti criminali come Tano Sventra. Quest’ultimo è stato braccio destro del capo dei Cursoti Luigi Jimmy Miano nonché coinvolto nelle vincende di mafia legate all’autoparco di Milano. Proprio nei confronti dell’abitazione dove vive il padre di Carmelo Di Stefano, tre estati fa, vennero esplosi colpi di pistola. L’episodio è contenuto nelle carte dell’inchiesta Camaleonte, che ha fatto luce sulle frizioni interne al clan Cappello-Bonaccorsi, in seguito al pentimento di Concetto e Salvo Bonaccorsi, e alle tensioni con i Cursoti.

Nell’operazione del 2015 contro i Cursoti finì in carcere anche Sebastiano Solferino, suocero di Martino Carmelo Sanfilippo. L’uomo fu ritenuto il referente dei Cursoti Milanesi nella zona di San Giorgio e Villaggio Sant’Agata.


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