Su La Sicilia l’amicizia tra Tony Zermo e Pippo Fava «È una lettura buonista: l’ha tradito come Giuda»

«Anche Giuda Iscariota era amico di Gesù Cristo ma, nonostante tutto, l’ha tradito». Oltre duemila anni dopo, l’accostamento torna d’attualità sulle labbra di Riccardo Orioles, che lo usa per parlare del rapporto tra i giornalisti Tony Zermo e Giuseppe Fava. Il primo, firma di punta del quotidiano La Sicilia, il secondo, direttore del Giornale del Sud prima e fondatore del mensile d’inchiesta I Siciliani poi, ammazzato da Cosa nostra con cinque colpi di pistola il 5 gennaio del 1984. L’uno accanto all’altro, Zermo e Fava, sono finiti nelle parole rilasciate dall’attore siciliano Fabrizio Ferracane in una intervista al quotidiano cartaceo etneo in occasione della presentazione di Prima della nottePellicola che racconterà la storia di Fava e dove Ferracane interpreta Gaetano, giornalista dietro il quale c’è proprio il personaggio di Tony Zermo. «Avrei voluto conoscerlo – racconta il professionista sulle colonne del giornale della famiglia Ciancio Sanfilippo – ma non se ne è fatto nulla. Siamo partiti dall’amicizia fra i due giornalisti. Gaetano vuole un gran bene a Pippo». Che magari sarà stato anche vero, ma la natura del rapporto tra i due sembra cambiare all’indomani dell’omicidio, quando diversi articoli pubblicati da Zermo sul caso alimenteranno le dicerie su quella che per decenni, a Catania, è stata una storia di fimmini e non di mafia.

Esternazioni che non sono passate inosservate, tutt’altro. A saltare dalle sedia sono stati sia il giornalista Orioles, memoria storica e attiva de I Siciliani, che il figlio del cronista scomparso Claudio Fava. Quest’ultimo, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, è autore della sceneggiatura della pellicola, insieme a Michele Gambino e Monica Zappelli. Per chi ha vissuto quel periodo, dietro le parole pronunciate da Ferracane ci sono non pochi errori: sia su quello che è stato il rapporto tra Zermo e Fava, sia su quanto successo dopo sulle colonne del più diffuso quotidiano nell’Isola. «Zermo era amico di mio padre ma la notte che è stato ucciso è stato il primo a tradirlo, rispettando gli ordini di scuderia che volevano che si parlasse di una storia dai contorni poco chiari». Il riferimento di Claudio Fava è a due articoli pubblicati su La Sicilia il 7 gennaio 1984. Le firma sono quelle di Rodolfo Laudani e di Zermo che, sulla spalla sinistra, mette nero su bianco le sue ipotesi in un pezzo titolato L’ultima violenza. Nell’articolo si fa riferimento al lavoro del giornalista e si susseguono le ipotesi sul possibile movente: «Non ha scoperto nulla di particolarmente importante, ha fatto i nomi che facevano tutti». E ancora «la sua uccisione non è stato un delitto di mafia, ma ordinato alla mafia». C’è poi la pista «della vita privata» e l’accostamento con Mino Pecorelli, giornalista ucciso nel 1979 e accusato di essere un ricattatore di professione.

«Zermo e Fava non sono mai stati amici – racconta a MeridioNews Orioles – erano umanamente molto differenti. Zermo, per esempio, andava spesso al circolo della stampa, mentre l’altro apparteneva ad altri ambienti». «Dopo il delitto ci fu una polemica molto violenta e in tutte le occasioni in cui emergeva qualcosa sulle indagini spuntavano gli articoli di Zermo sul quotidiano di Mario Ciancio Sanfilippo (imputato per concorso esterno a Cosa nostra, ndr). Abbiamo fatto anche un’edizione straordinaria con le storie dei pentiti a proposito del delitto Fava. Di uno di questi uscirono addirittura tutti i dati personali su La Sicilia». Il personaggio in questione è Luciano Grasso, che il 18 luglio 1984 è il protagonista di un pezzo a sei colonne firmato da Enzo Asciolla. Il neo-collaboratore promette dichiarazioni sul delitto del giornalista, ma finisce sulla stampa ancora prima di potere essere sentito dal magistrato Giuseppe Torresi. Un tentativo d’intimidazione? Sta di fatto che nell’articolo viene scritto anche l’indirizzo di casa di Grasso.

«Conosco Ferracane e posso dire che è un ottimo attore e persona coscienziosa – analizza Fava – Tutto questo mi sembra quindi molto strano ed è chiaro che il titolo è lontanissimo dal ruolo in cui l’attore interpreta la parte del presunto amico di Giuseppe Fava. C’è un tentativo di accomodamento e forse di una lettura buonista di questa storia. Il personaggio di Gaetano ha un profilo e un percorso differente da quello che emergerebbe da questa intervista». 

Un rapporto complicato quello della penna di Zermo con i collaboratori di giustizia. Come nel caso di un articolo sulle presunte rivelazioni del pentito Maurizio Avola sugli omicidi di Pippo Fava e Carlo Alberto Dalla Chiesa. Un delitto, quest’ultimo, avvenuto nel 1982: un anno prima che Avola entrasse formalmente in Cosa Nostra. Quanto basta per ritenere inattendibile il collaboratore (poi rivelatosi uno degli esecutori materiale del delitto Fava, ndr). È il 2 giugno 1994 e su La Sicilia, a firma del corrispondente da Messina Salvatore Pernice, questa tesi viene esposta in un articolo. Sempre quel giorno un pezzo praticamente identico, errori di battitura inclusi, viene pubblicato su Il Giorno di Milano, firmato da Tony Zermo. Per Claudio Fava e Riccardo Orioles la mano che ha scritto quei pezzi potrebbe essere stata la stessa, ma c’è di più. Qualche giorno dopo le pubblicazioni in questione, il procuratore etneo Mario Amato dichiarava a L’Unità: «La sera prima che venissero pubblicati gli articoli con le dichiarazioni di Avola siamo stati contatti da dei giornalisti per delle conferme, ma abbiamo smentito in maniera assoluta che stesse parlando della morte di Dalla Chiesa».


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